giovedì 22 dicembre 2022

“Tra colore e materia” di Nicola Pica



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All’Arcadia Art Gallery, di galleristi Marco Mastromauro e Claudia D'Angelo, fino al 31 dicembre in mostra le opere di Nicola Pica [Ponte (BN) 1963].

 

Con Nicola Pica ci s’immerge in un mondo di colori che debordano, tracimano e si gonfiano, accendendosi d’intensità, rischiarando anche le notti, quando la tela viene tracciata da arcobaleni monocolore; un mondo, altresì, di abbondanza formale che si avvicina nel suo manifestarsi al concetto boteriano di estetica pittorica. Ma se in Botero si celebra l’ironia tutta improntata dalle fattezze del soggetto, colto da una vera e propria vivacità cromatica, in Pica si dà vita a qualcosa di favoloso. 

Essendo attratto sia dalla natia terra beneventana che dall’arte, l’artista nel suo operare ha eretto un ponte tra realtà e immaginazione, raggiungendo un livello ideale e tecnico, capace di trasmutare l’oggettività visiva in paesaggio immaginato, proprio come un alchimista si pensa sia in grado di poter fare, trasformando il piombo in oro. 

Così i suoi notturni capeggiati dalla luna piena fanno percepire un’atmosfera quasi magica. L’oro si specchia nel buio dell’oscurità e riluce persino nel paesaggio.  

Si sa che il noce di Benevento è ricordato come luogo mitico, in cui le streghe s’incontravano a migliaia per partecipare ad un sabba sfrenato in cui la parte dionisiaca veniva liberata a discapito di quella apollinea.

Nel cuore della notte … prendevano corpo le fantasie di coloro che si ribellavano alla concezione quotidiana del reale, in riti pagani. Non è un caso che queste zone ispirino la rappresentazione; sembrano nascondere una forza primordiale che il pittore nei suoi quadri visionari riesce ad estrapolare.

L’astrattismo rientra nel suo modus operandi, quando l’informale incontra la materia ed il colore diventa corposo, in un’apparente trasmigrazione dalla tela fino alla nostra quotidianità.

 

Con Pica nasce il movimento artistico “Cromocostruzione”, di cui lui è inventore; la cromocostruzione è entrata ufficialmente nelle Avanguardie dell’arte Contemporanea Italiana e Internazionale grazie alla pubblicazione all’interno dell’Atlante di Arte Contemporanea edito dalla De Agostini. L’uso meditato del colore, perde la contingenza ed è ciò da cui parte per caratterizzare i suoi lavori. L’orchestrare dei pigmenti e delle colorazioni in contrapposizione al bianco, conseguenza della somma delle vibrazioni luminose, in cui riposano tutti i colori, genera l’opera. Il cielo allora si fa bianco ed anche le stradine tra le colline mentre esse con le loro onde tinteggiate sono espressione pura. 

 






 

martedì 13 settembre 2022

sabato 21 maggio 2022

 ARCADIA ART GALLERY 

 MILANO

 

15 – 26 maggio2022

Bi-personale di Arte contemporanea

                                          Presentazione e testo critico a cura di Valentina Cavera (Giornalista e Critico d'Arte)

 

Arcadia Art Gallery presenta due personali: di opere scultoree realizzate da Gianantonio Cristalli e di pittura, opere di Gabriele Marchesi.

Come seguire le immagini di un film muto in bianco e nero su uno schermo televisivo contemporaneo che si moltiplica, Marchesi celebra i trascorsi della vita dell’uomo in “Fascino del tempo”. Volti di donna, di anziani signori emozionano il visitatore in un viaggio tra intimità e segreti, saggezza e fierezza.

Cristalli espone i suoi lavori come fossero giocattoli, dalle colorazioni accese, nel loro moltiplicarsi per raggiungere la fantasia e la creatività dello spettatore. Come un demiurgo crea plasmando la materia dando prova che anche ciò che è statico può toccare il confine del movimento in “Demiurgo futurista”.  

ARTISTI IN MOSTRA:

Gianantonio Cristalli in “Demiurgo futurista”.  

Gabriele Marchesi in “Fascino del tempo”.





ARCADIA ART GALLERY  

Ripa di Porta Ticinese 61 Milano - Naviglio Grande 


 

“Il fascino del tempo” di Gabriele Marchesi

 

Gabriele Marchesi presenta una serie di ritratti in bianco e nero che sposano un iperrealismo meditato, ricercato, studiato.Volti di donna, colti nella loro purezza e in un immacolato universo estetico, rappresentato da una poesia di una rosa specchio di femminilità… come “Sguardo sognatore”,”Rapita da un piacevole sogno”; o di anziani signori che con i loro sguardi fieri e la loro pelle vissuta, permettono di percorrere vicoli e strade verso la saggezza.

Le lezioni di Fabio Aguzzi, pittore italiano, che ha frequentato negli anni ’80 infatti hanno condotto Marchesi a misurarsi con la figura dal vero e a conoscerne i segreti. Seguendo i suoi insegnamenti «ha assimilato il rigore formale e la costruzione degli spazi disponibili – ricorda l’artista - elaborando poi nel tempo, l'idea di rendere le figure libere di muoversi in spazi...infiniti».

Osservando le sue opere pare di guardare in uno schermo televisivo contemporaneo un film muto in bianco e nero, dove però trapelano attraverso la scelta delle pose e delle espressioni, lo scatenarsi di emozioni intime, inconfessate, che l’essere umano tende a mostrare solamente in privato o a tenere per se’: storie di vita umana che si ripetono nei differenti cicli vitali dell’uomo e che Marchesi celebra. È il fascino del tempo che ci concede una tregua in quell’istante che l’artista riesce a racchiudere nelle sue opere. In quell’emozione che viene raccontata dal soggetto si intravede l’anima, si sente la vibrazione di una presenza eterea. Come sostiene Aristotele nella “Fisica”, nell’anima il tempo e l’eterno si connettono attraverso l’istante. Esso è condizione del tempo «ma non è una parte del tempo. Se il tempo non fosse, l’istante non sarebbe, e se non fosse l’istante non sarebbe il tempo». Un’ulteriore riflessione di Hegel sono maggiori passi verso una reale comprensione di questa argomentazione. “«Il tempo è l’essere che mentre è, non è, e mentre non è , è” », ovvero «il divenire intuito» nell’” «ora».

In quegli attimi che il pittore ritrae si nascondono fatti autobiografici. Infatti, la sua musa ispiratrice è Simona la moglie, che gli ha permesso di «conoscere l’importanza di essere donna” », ricorda Marchesi; invece in quelle immagini dipinte di anziani signori, si nasconde la presenza del nonno che lo ha cresciuto, essendo rimasto orfano all’età di undici anni. I soggetti catturati in scatti durante le sue passeggiate al mercato, o selezionati dal web infatti vengono modificati; allora ricompaiono gli occhi azzurri e la barba di chi gli ha fatto da padre, in una nuova composizione tanto da rendere i soggetti anonimi.

Sicuramente, anche la storia dell’arte è stata come una tutrice per lui. «Il Medioevo e il Rinascimento sono i periodi della storia dell’arte che prediligo. Le figure della pittura prerinascimentale di Duccio di Buoninsegna, Simone Martini e Giotto, solo per fare un esempio, le trovo molto moderne, amo quegli sfondi turchesi, ambrati, verdi e le aureole dorate che impreziosiscono l’insieme. – spiega l’autore - Mentre nel Rinascimento le madonne spesso di trequarti o di profilo con sguardo sognante e interrogativo (cito i più grandi Leonardo, Bellini, Piero della Francesca) sono stati la fonte del mio sviluppo artistico. Per quanto riguarda invece i ritratti degli anziani sono fonte d’ispirazione le opere di Albrecht Dürer, per me il più grande. Ancora oggi un riferimento principale».

 

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Cristalli, il demiurgo futurista

Gianantonio Cristalli insegna discipline plastiche oltre a realizzare opere d’arte. Si nota infatti una spiccata manualità ed anche un’accentuata destrezza nell’utilizzare differenti materiali. Anche la fantasia con cui realizza diverse tipologie di soggetti è indice di un artista che è in grado di fronteggiare la matericità.

Lungo il suo percorso infatti sperimentando vari materiali è giunto a pensare che il protagonista assoluto rimane il soggetto che si vuole creare, in quanto base da cui partire per l’elaborazione dell’opera. In questo senso il soggetto è sia fine che mezzo per raggiungere il fine e la manualità dell’artista si adopera affinché accada. Quello che conta per lui non è trovare e conservare quel segno in grado di rappresentare se stesso, come una firma al fine di essere riconosciuto indistintamente dall’occhio che osserva ma la creazione stessa, dare alla luce ciò che è stato pensato nell’ombra della sua interiorità. Non si può dire che la sua attività di artista si distingua in veri e propri periodi ma è certo che avvicinandosi ai vari materiali con cui ha approcciato ha scoperto come rendere reali i personaggi che accompagnano la sua immaginazione. Lavorare il marmo, in primis, e successivamente altri materiali lapidei, dai marmi colorati all’arenaria e al granito, è stato rivelatorio. Da una parte poiché quel tipo di produzione equivale allo “scolpire nel vero senso della parola”, come suggerisce l’artista, dando origine a qualcosa togliendo, dall’altra in quanto attraverso quell’atto artistico plasmando poi materiali in cui si poteva anche aggiungere, come l’argilla, ha acquisito la sicurezza di un demiurgo. Su un piano filosofico, Cristalli è in grado di dare il soffio vitale a una materia informe e ingenerata che gli preesiste. Quel rigoroso dualismo ipotizzato da Platone tra mondo delle idee e la realtà sensibile, grazie alla figura del demiurgo, il divino artigiano, viene mediato. Come fosse un’intelligenza che progetta il mondo così Cristalli guarda alle idee come modello e usa la materia come strumento. Anche se poi Cristalli, come è stato sottolineato in precedenza, parte sempre dal soggetto per la scelta del materiale con cui operare.

«I miei fucilieri (dall’opera “Put flowers in your guns”) - racconta Cristalli - non avrebbero senso in marmo in quanto il marmo può far cadere il soggetto nella retorica celebrativa, in ceramica acquisterebbero un senso quasi quotidiano». D’altra parte gli elementi stessi che utilizza per la composizione dei suoi lavori nello stesso tempo hanno determinate caratteristiche in grado di coinvolgerlo in modo discordante. «Il mio stile cambia a seconda del materiale che adopero: il marmo è un confronto con la storia, la pietra ha un qualcosa di meno nobile, più casereccio quindi suggerisce uno stile più grossolano – aggiunge l’artista -l’argilla/ceramica è quasi un mestiere artigianale, ne sono un esempio i vasai.»

Il prodotto delle sue evoluzioni che giunge all’Arcadia Art Gallery è personificato da soggetti in argilla dalle colorazioni accese e nel loro moltiplicarsi. Un omaggio alla Pop Art anche se è arrivato a questo entrando dalla porta del futurismo, approfondendo la figura di Depero e dei suoi “burattini creati con l’incastro delle geometrie”, ricorda Cristalli. Il colore diventa fondamentale poiché già di per sé conduce l’uomo a provare un’emozione. Così i soggetti più volte ripetuti ma nella variazione cromatica pur essendo uguali nella forma hanno un impatto differente sullo spettatore. Comunque la loro forza è nell’insieme.

«Le mie forme cambiano di colore e questo può dare significati diversi: può essere un’idea contro il razzismo (bianco contro nero) oppure l’idea che ad ogni persona un colore dice qualcosa di diverso (Kandinskj). Il soldato rosso può avere un significato, lo stesso soldato però nero un altro. Il rosso può essere allegria (chi ha mai visto un soldato completamente rosso?), il soldato nero può essere cupo, brutale ...  ne nascono sentimenti opposti.»   

Si legge nei tuoi soggetti statici il movimento, l’intenzione di dedicarsi ad una particolare azione, la profondità di un’emozione che si fa viva. Affine al futurismo, ma in potenza. I soggetti sono fermi nella realtà di fatto, ma producono a volte un rumore immaginato di un atto ancora celato che pare di ascoltare; altre volte nel loro apparente spingersi nello spazio, come fosse un effetto ottico, raccontano qualcosa di essenziale: una paura? un sentimento? Una verità?    

 

 


 

 

mercoledì 22 settembre 2021

Ad Arte e Moda 2021, collettiva d'artisti, con Ci-bi si veste la luce


Arte e Moda

Collettiva d'artisti




Vestire la luce,

con Ci-bi





Come la luna, pur non brillando di luce propria, appare fiamma riflettendo la luce del sole, i lavori di Ci-bi catturano attraverso i materiali che le compongono, l’echeggiare iridescente del segnale luminoso, vestendo la luce, sino a diventare specchio nel quale ogni oggetto adiacente ad esso diviene parte dell’opera stessa; strutture in legno e acrilico, trionfo d’eleganza di forme geometriche, sintesi minimalista, pulizia d’immagine nell’essenzialità che le caratterizza! 




L’intrecciarsi di “Arte e moda”, con questo artista si spinge nell’astrattismo, diviene concetto; da un lato scultura, dall’altro design, pur rimanendo quadro, quasi come fosse riverbero di un’avanguardia passata.  




 

mercoledì 15 settembre 2021

“Arte sul Naviglio Grande” in XXXIII° edizione.

A cui seguirà… il “Premio Arte sul Naviglio”.




 

 Lo storico evento “Arte sul naviglio grande” tanto atteso dopo la lunga pausa di circa due anni a causa dei vari lockdown, domenica 19 settembre, dalle 9.00 alle 19.00, sarà nuovamente protagonista del più importante dei navigli milanesi: il Naviglio Grande.

 

La manifestazione, panorama artistico internazionale, che da ben trentatré edizioni emoziona con colori e forme contemporanee i visitatori, quest’anno vedrà la partecipazione di circa duecento artisti, tra pittori, scultori e fotografi. Patrocinato dal Comune di Milano e organizzato dall’Associazione del Naviglio Grande, sarà guidato per la prima volta da Claudia D’Angelo, Gallerista dell’Arcadia Art Gallery. «Tra le novità rispetto agli anni passati, ci sarà un catalogo fruibile virtualmente con un'opera per ogni artista, in modo che l'evento non termini nel giorno della manifestazione ma possa continuare a diffondersi sul web dando visibilità a coloro che partecipano – anticipa Claudia D’Angelo - Alcuni artisti dipingeranno dal vivo, tra i quali Giuliano Ottaviani, al suo cinquantesimo anno di carriera, che si esibirà in una performance alquanto originale».




 

Come nelle scorse edizioni è previsto il “Premio arte sul Naviglio” attraverso il quale verranno premiati tre classificati per ogni categoria con targhe di riconoscimento. La votazione è scissa tra una giuria popolare e una composta da tre esperti d’arte: Giuliano Grittini, artista e fotografo ufficiale di Alda Merini, Vincenzo Napolitano, gallerista e Valentina Cavera, giornalista e critica d’arte.    





 

“Arte sul Naviglio Grande”

Info:

Associazione del Naviglio Grande

Alzaia Naviglio Grande 4, Milano

0289409971

info@navigliogrande.mi.it

martedì 8 giugno 2021

 



Tra gli artisti in mostra:
    ALBERTO CHIARETTO

 

Quest’opera di Alberto Chiaretto s’intitola “Tra due anime serene scelgo quella sfregiata“. Ci racconta una storia, una di quelle che accadono in quella “stanza dell’incoerenza” dove i suoi lavori prendono vita: scatti stampati su pietra ardesia. L’artista desidera che le sue fotografie abbiano un peso affinchè si possa uscire da quella stanza con un pezzo di essa, che sia un’immagine del reale o del sogno. In quest’opera in particolare, prende forma nella materia l’anima stessa di colui che in quel luogo ci ha vissuto; lì impressa su pietra si nota il segno della sua presenza, di quell’anima che l’artista rappresenta, spingendosi a descriverla fino al confine dove s’incontra con il corpo, perché l’anima altro non è che il rapporto tra forma e materia. Così il corpo appare vivo in quei graffi, in quegli sfregi attraverso i quali si percepisce la profondità di un trascorso. Ecco che la luce, il tramite tra mondo corporeo e mondo incorporeo, insieme al colore, espressione di emozioni, riesce a cogliere il soggetto in tutta la sua drammaticità. 

 

2)    MICHELA D’OTTAVIO



 

Negli astratti di Michela D’Ottavio in Red Chaos s’incontrano sentimenti che perdurano nel tempo, divenendo eterni su tela. Osservando quest’opera si nota che da uno sfondo rosso porpora, come in un gioco di segni si muovono libere linee nere che si ingarbugliano, si annodano, per poi diventare cerchi, figure senza volto ma tenaci, apparizioni d’energia, vibrazioni d’anima: senso delle cose, in quel giro di raggi prodotti da filamenti sottili. Un teatro di qualisegni, di sinsegni, di legisegni, nell’uso emotivo del termine, nel quale s’incontrano apparenze, oggetti individuali e generali. Un viaggio personale quello nello stile di questa artista! Assenza di pensieri, per divenire forma rispecchiandovisi, pura forma senza un significato definito; forse passi di una meditazione dove poter cancellare ciò che si è e rinascere infinite volte. 

Il suo lavoro di Visual Merchandiser che ha praticato nelle più grandi ed importanti maisons di lusso in Italia e in Europa si armonizza con la sua attività artistica poiché il benessere è un ingrediente comune.


  GIUSEPPE SEREGNI 

 

L’arte pittorica di Giuseppe Seregni è approccio visivo di poesia e musica. Infatti arte, musica e poesia sono interessi che ha portato avanti fin dalla giovane età. Ben si nota in questi lavori che presenta in galleria: “Secret luminosity”, "Simphonic sign”. 

Mentre agli inizi degli anni ’80 Seregni propone i suoi lavori, mix di figura, evoluzioni materiche e sperimentazioni avanguardistiche, in importanti esposizioni nazionali ed internazionali di art brut, art singulier, art naive, new invention, ottenendo tra l’altro riscontri positivi, nel contemporaneo tramuta il suo stile, riflesso di una spiritualità vissuta, in “interior de-sign”, termine coniato dall’artista per raffigurare il suo mondo di segni, di luce sacra.



 

In Secret luminosity, la luce diventa segno nel suo manifestarsi agli occhi come un esistere che si fa strada nel mondo del reale; pone le orme della sua presenza senza mostrarsi nella sua interezza, lasciando un velo di mistero sulla cosa che si cela anche se non completamente. Un sussurro si ode negli oscuri intervalli tra i segmenti di luce, in quei frammenti dove colori predominanti sbocciano sotto le correnti luminose che prendono vita come per magia.



 

Di natura kandinskiana è la sua opera intitolata simphonic sign, nella quale l’elemento segnico e il colore diventano parte di un coro da ascoltare con lo sguardo. Un modo differente di usare i sensi, perché la forma dell’arte ha la capacità di modellare l’immaginazione umana: è forse eco di una melodia che si espande… si fa sospiro, assenza, per tramutarsi in pura essenza.  

 

 

 

     “Senses working overtimes”: gruppo artemisia: Rita Carelli Feri, Renata Ferrari, Pea Trolli, Francesca Bruni, Emanuela Volpe in collaborazione con Philippe Stark, Arter&Citton, Claudio Dondoli e Marco Pocci, Pedrali R&D.




Nell’istallazione dal titolo “Senses working overtimes”, realizzata dal gruppo Artemisia in occasione del Fuori salone 2020, i cinque sensi sono rappresentati da cinque sedie differenti, ognuna delle quali è stata ideata rispettivamente da altrettanti noti designer contemporanei. Il materiale sintetico e l’aspetto moderno, veste dell’opera nell’insieme, è contenitore del concetto sedia, nella molteplicità dei significati che la comprendono: luogo implicante una postura in cui riposare, accomodarsi; oppure area in cui osservare, comunicare, mangiare… un posto che ci costringe, ci obbliga all’infermità, una sedia sulla quale scegliere di sedersi; un oggetto che ci sostiene, ci protegge… Una delle sfide di questa istallazione è l’attivazione dei sensi da seduti per poter contemporaneamente comunicare con l’elemento sedia nel suo essere oggetto- concetto e la sensorialità delle nostre percezioni.

La sedia di Rita Carelli Feri è dedicata al senso del gusto ”Aspro, piccante, amaro, salato ”; attraverso la tecnica in olio su polipropilene su sedia (2018. Driade –  modello: soft egg– design Philippe Stark), si manifesta l’antitesi dettata dai sapori, il loro armonizzarsi in un percorso individuale alla scoperta del cibo. 

L’opera di Renata Ferrari è pensata per il senso del tatto ”Duro, morbito, ruvido, liscio”; le mani diventano mezzo per comunicare, esplorare, creare. Tutto ciò è reso possibile anche attraverso l’uso una tecnica in marker nero su policarbonato su seggiola di Scab modello Glenda, designers Arter&Citton.  

In ”Suono e silenzio”  Pea Trolli ci coinvolge con il senso dell’udito. Gli strumenti musicali fanno da soggetto predominante poiché icone della musica, dove nasce di volta in volta il suono e il silenzio, opposti e concordi. (2018. Acrilico su policarbonato. modello Gossip 620, designers Claudio Dondoli e Marco Pocci). 

 

Francesca Bruni e la sua ”Energia riflessa” rappresentano la vista. Un acrilico su policarbonato per condurre lo spettatore oltre la realtà della superfice, poiché lo sguardo dinanzi alla trasparenza sa arrivare all’immaginazione. (2018.Pedrali –  modello: Day dream 401 – design Claudio Dondoli e Marco Pocci).

 

In ”Paradiso Perduto” di Emanuela Volpe si vede muoversi l’olfatto lungo la scia del tempo,  nel presente e nel passato. Attraverso l’immagine si giunge al profumo, immaginazione sensoriale… Ed ascoltando il profumo i ricordi diventano visibili. Un modo nuovo di degustare la nota Madeleine  Proustiana.  (olio e pennarello su  metacrilato. Sedia di Pedrali – modello: Kuadra design Pedrali R&D).

 

 

 

 

 

 

 


giovedì 10 settembre 2020

Arte e moda

 ARCADIA ART GALLERY 


   

 MILANO

inaugura sabato 19 settembre 2020 alle 18.30 la collettiva di arte contemporanea 


https://it.blastingnews.com/cultura-spettacoli/2020/09/arte-e-moda-una-collettiva-di-artisti-allarcadia-art-gallery-di-milano-003200342.html?fbclid=IwAR2HFQ3VxpgQKjqwUnVIbSQ5CH1L57dnwoW_vfniebx8PwGYv07KLXBR9ds


 ARTE E MODA

IV EDIZIONE

dal 19 al 30 settembre 2020 

 

Giunta alla quarta edizione, l'esposizione collettiva ARTE E MODA si conferma uno degli appuntamenti più prestigiosi del calendario di ARCADIA ART GALLERY, organizzato come sempre in concomitanza con la fashion week milanese, e divenuto ormai un appuntamento fisso per la clientela nazionale e internazionale della galleria, sempre alla ricerca di proposte artistiche nuove e coinvolgenti.

 

Curata da Federico Caloi, con la collaborazione di Valentina Cavera, la rassegna propone alcuni tra gli artisti più significativi del panorama contemporaneo, testimoni con i loro lavori, così come la Moda stessa, di questa fase mutevole del nostro tempo. Il tutto immerso nel suggestivo contesto dei Navigli, cuore storico di Milano, dove ha sede lo spazio espositivo.

 

La nuova edizione di ARTE E MODA si annuncia quanto mai ricca, fra appuntamenti dedicati e iniziative in programma durante i giorni della rassegna, che ne fanno uno dei momenti di maggior richiamo nel panorama dell’arte italiana. A cominciare dal vernissage, vero e proprio evento multisensoriale. Gli artisti partecipanti e l'esclusivo pubblico selezionato rimarranno sorpresi dalle preparazioni e dalle proposte d’avanguardia dello chef stellato Misha Sukyas, “architetto del gusto” e volto noto della Tv. 

 

Oltre a Misha Sukyas, special guest della serata saranno Laura Santucci: artista stilista che farà sfilare i suoi abiti esclusivi "ELLE Santucci", ed Emanuela Montorro: artista che lancerà la sua linea esclusiva di scarpe dipinte “Love For Life”.

Spazio anche alla solidarietà: Emanuela Montorro dipingerà il grembiule di Chef Misha Sukyas, che sarà poi messo all'asta, per destinarne il ricavato alla Fondazione Serena Onlus, Centro Clinico NeMO.

 

Tra gli artisti in mostra:


Le sfaccettature della moda con le donne di Natalia Banfi 

 




Secondo Kant la moda è mimesi di vanità poiché esiste una forma di competitività tra gli esseri umani anche in ciò che non ha utilità. Per essere alla moda non ci si deve affidare ad un gusto del passato ma nemmeno non considerare il suo aspetto contemporaneo, altrimenti si risulta antiquati o eccentrici. Kant scrive: “è meglio essere matto secondo la moda che fuori di essa”. Le donne di Natalia sfidano sicuramente il concetto kantiano di moda; il loro apparire risulta un connubio di antico e attuale, in cui spicca un desiderio di economia naturalistica: collage creati con materiale di riciclo, sfondi con stoffe adesive, cornici antiche, scarti, scampoli, oggetti vari nel rispetto della dignità ambientale.  

Le donne agghindate con numerosi accessori e dalle capigliature particolari di Natalia sono globalizzate. Aspetti etnici si fondono a quelli occidentali, mentre attraverso il loro aspetto portano avanti un messaggio invisibile agli occhi dove si parla per l’appunto, di qualcosa che va oltre il concetto di moda così come si usa intenderla… si descrive la donna di oggi, nella sua interiorità.

«Cerco di rappresentare una tipologia di donna molto consapevole di sé anche dei propri difetti. Questo è il segreto che è in grado di dare forza e sicurezza. Nessuno ti può ferire nel momento in cui sai bene ciò che sei, nel bene e nel male. Io disegno quelle donne che hanno quel tipo di consapevolezza. – racconta l’artista - le donne dei miei collage non piangono mai, non hanno mai un’espressione angosciata, non sono mai deboli e sottomesse. Ho provato a disegnare donne incatenate con una serenità nello sguardo che può essere inquietante per chi le ha volute incatenare, imbavagliare». 

Le elaborazioni sono molto ricercate, realizzate unificando in un unico lavoro, disegno a mano, oggettistica, ritagli di opere d’arte famose, piuttosto che volti di modelle, rielaborati ulteriormente nella frammentazione del loro volto spesso con pezzettini sparsi, dagli occhi alla bocca, così da dare vita a personaggi nuovi, con una propria identità: l’occhio dell’uomo si accoppia con quello della donna… labbra sguaiate, divertite, discrete si fondono a visi da fumetto e corpi perfetti. Le sue opere si tingono di colori acrilici, smalti, pennarelloni, uniposca, trattopen, giocano con il visitatore nel loro apparire bizzarro come in “ricordi di famiglia”; affascinano attraverso le atmosfere che circondano le sue protagoniste come in “Egon & Fashion” dove il blu cina riesce ad addolcire anche un collare sadomaso ed insegnano a non dimenticarsi della sostenibilità ambientale attraverso gli occhi di “Help”.

 

Biografia

 

Natalia Banfi (Rho, 1971) si chiede e si risponde «E’ riduttivo definirsi in base ai lavori svolti nel corso della propria vita?  Non credo, se questi fioriscono sullo stimolo di grandi passioni»

Ha lavorato nella finanza, nel turismo, è stata contabile, cuoca, importatrice dall’oriente finché, finalmente, ha iniziato a dipingere ed è sicuramente consapevole che questa fosse la meta a cui arrivare… perché doveva trasmettere un messaggio e attraverso l’arte le è stato possibile farlo, attraverso il linguaggio che le è proprio. Dipinge perché dall’inizio dei tempi le donne sono figlie di un Dio minore e non se ne vuole fare una ragione. Le preme usare solo materiali riciclati perché sprecare, nell’attuale contesto socio-economico, è sintomo di ignoranza.

 

 

Gli angoli spaziali e musicali di Ruggero Marrani

 




L’irrefrenabile desiderio di Marrani di passare dal piano dell’irreale a quello del reale e quindi dalla bidimensionalità alla tridimensionalità, dalla pittura alla scultura, nonostante in Accademia si sia laureato in pittura, è la spinta che lo ha condotto a trovare un proprio posto nel mondo: il pensiero si fa strada e diviene vivo, frequentatore del presente per trasmettere un messaggio attraverso le sue forme, per rapportarsi fisicamente all’altro da sé ed uscire dal disegno, parallelamente alle teorizzazioni hegeliane  che si sviluppano in questo modo «La realtà è l’unità immediata – scrive il filosofo tedesco - che si è prodotta, dell’essenza e dell’esistenza o dell’interno e dell’esterno», ovvero ciò che è reale non è che l’essenza che diventa esistenza o l’interno che si viene a manifestare nell’esterno. 

 

Nella aeroscultura intitolata “Progetto per un totem”, in ceramica raku, realizzata con sassi e materiali di recupero, Marrani ricorda che esiste una storia dell’uomo che deve essere raccontata, che ogni uomo ha una storia da raccontare. Il totem, animatosi tra le popolazioni primitive, in Marrani ha un valore narrativo. Sicuramente, ne coglie appieno l’universalità dell’origine totemica così come venne intesa da Radcliffe Brown, antropologo inglese dei primi del ‘900. «Una rappresentazione dell’universo come un ordine morale e sociale - scrive questo antropologo – Il totem è regolazione del rapporto tra l’uomo e la natura oltre che quella del rapporto tra l’uomo e l’uomo come tale, sarebbe un elemento universale della cultura umana». Le aerosculture di Marrani concretizzano l’astratto, danno il volto ad un concetto, sono analisi di un territorio, discorsi planimetrici, visioni viste dall’alto dove il colore compare come traccia lasciata dall’uomo, elemento aggiuntivo, esigenza naturale del farsi corpo. 

 

Considerando invece la sculturarumore presente in mostra, quella mezza luna legata a corde musicali, si evince come lo scultore spazi oltre il mondo visibile per riuscire a far interagire il visitatore con l’armoniosità dell’universo, percependo il suono cosmico che circonda l’essere umano. «Questa scultura si riallaccia ad un altro filone: riguarda lo studio della progettazione intercontinentale – spiega Marrani -dove ci si sofferma su progetti di costruzioni che potrebbero essere sviluppate in un futuro, quando la terra non avrà più la possibilità di ospitarci e saremo costretti a vivere altrove».

 

Biografia

 

Ruggero Marrani (Varese, 1941) si è laureato all’Accademia di Belle arti di Brera, “P. Vanucci di Perugia. Rientra nel gruppo del Circolo degli artisti di Varese; è stato docente della Cattedra di Figura presso il Liceo Artistico “ A. Frattini “ di Varese.

 Le sue opere si trovano in diversi musei italiani.

 Artista d’ispirazione futurista, esordisce negli anni ’60 con lavori materici su tela, fino ad abbandonare la bidimensionalità negli anni ’80, per giungere alla terza dimensione. Quello fu il punto di partenza verso il suo più proprio approfondimento artistico, rivolto esclusivamente alla scultura, specialmente connessa alla ceramica policroma. Dà vita presto alle aeroscultura, la scultura interattiva, la sculturarumore così da rendere lo spettatore realmente attivo nel  rapportarsi alle sue opere, ruotandole, muovendole, suonandole…

 

La materia con Cibi è al confine tra arte e cibo 




La ricerca materica di Cibi diviene semplicità della forma che si sintetizza in un oggetto particolare, la mela, moltiplicato all’infinito pur con variazioni estetiche apparentemente impercettibili e giocando con i colori: natura morta diviene scultura, nell’eternizzazione della sua presenza ed appare viva, grazie alla vivacità con la quale viene presentata. «Ho individuato nella mela e nella sua semplicità l’oggetto ideale – racconta l’artista - sul quale basare la mia personale sperimentazione materica.» 

 

Mostrate in cassette, come su un banco di mercato, le sue mele sembrano da mangiare ed alcune sono pronte anche a stregarti… come in una favola? Sicuramente la mela di Biancaneve è un esempio di quanto detto, essendo un elemento fondamentale nell’evoluzione di quella storia. Lucide, dai cromatismi brillanti sono al confine tra arte e cibo… una proposta alternativa, di arte e moda, perché in fondo nel contemporaneo anche il cibo, come esso è presentato, è indice di stile e personalità.  Mele che fanno da modelle e nel loro divenire opere ci riportano alla vita del quotidiano… la vita quando è calma, familiare, calda come nelle atmosfere proprie delle cucine, posate su un tavolo in un cesto di frutta.

 

Biografia

 

Cibi ha esposto le sue opere in alcuni recenti eventi: con “Materioteca” labo- ratorio milanese che promuove e valo- rizzazione le materie plastiche ha par- tecipato alla fiera Plast di Milano nel 2014 e alla fiera Mecspe di Parma nel 2016; con il collettivo “Fuori di Design” ha partecipato al “Doposalone” di Milano, spazio Ansaldo, nel 2016; a cavallo tra il 2016 ed il 2017 la galleria “Il Bagolaro” di Vincenzo Palm- ieri gli dedica la sua prima personale; si è quindi fregiato di aver partecipato al “Catalogo Sartori d’Arte Moderna e Contemporanea 2018” curato da Arianna Sartori la quale gli ha poi messo a disposizione la propria galleria “Arte & Object Design” di Mantova per due mostre personali tenutasi nei mesi di giugno/luglio 2018 e giugno 2019; ha quindi di nuovo partecipato al “Catalogo Sartori d’Arte Moderna e Contemporanea 2019”.