giovedì 10 settembre 2020

Arte e moda

 ARCADIA ART GALLERY 


   

 MILANO

inaugura sabato 19 settembre 2020 alle 18.30 la collettiva di arte contemporanea 


https://it.blastingnews.com/cultura-spettacoli/2020/09/arte-e-moda-una-collettiva-di-artisti-allarcadia-art-gallery-di-milano-003200342.html?fbclid=IwAR2HFQ3VxpgQKjqwUnVIbSQ5CH1L57dnwoW_vfniebx8PwGYv07KLXBR9ds


 ARTE E MODA

IV EDIZIONE

dal 19 al 30 settembre 2020 

 

Giunta alla quarta edizione, l'esposizione collettiva ARTE E MODA si conferma uno degli appuntamenti più prestigiosi del calendario di ARCADIA ART GALLERY, organizzato come sempre in concomitanza con la fashion week milanese, e divenuto ormai un appuntamento fisso per la clientela nazionale e internazionale della galleria, sempre alla ricerca di proposte artistiche nuove e coinvolgenti.

 

Curata da Federico Caloi, con la collaborazione di Valentina Cavera, la rassegna propone alcuni tra gli artisti più significativi del panorama contemporaneo, testimoni con i loro lavori, così come la Moda stessa, di questa fase mutevole del nostro tempo. Il tutto immerso nel suggestivo contesto dei Navigli, cuore storico di Milano, dove ha sede lo spazio espositivo.

 

La nuova edizione di ARTE E MODA si annuncia quanto mai ricca, fra appuntamenti dedicati e iniziative in programma durante i giorni della rassegna, che ne fanno uno dei momenti di maggior richiamo nel panorama dell’arte italiana. A cominciare dal vernissage, vero e proprio evento multisensoriale. Gli artisti partecipanti e l'esclusivo pubblico selezionato rimarranno sorpresi dalle preparazioni e dalle proposte d’avanguardia dello chef stellato Misha Sukyas, “architetto del gusto” e volto noto della Tv. 

 

Oltre a Misha Sukyas, special guest della serata saranno Laura Santucci: artista stilista che farà sfilare i suoi abiti esclusivi "ELLE Santucci", ed Emanuela Montorro: artista che lancerà la sua linea esclusiva di scarpe dipinte “Love For Life”.

Spazio anche alla solidarietà: Emanuela Montorro dipingerà il grembiule di Chef Misha Sukyas, che sarà poi messo all'asta, per destinarne il ricavato alla Fondazione Serena Onlus, Centro Clinico NeMO.

 

Tra gli artisti in mostra:


Le sfaccettature della moda con le donne di Natalia Banfi 

 




Secondo Kant la moda è mimesi di vanità poiché esiste una forma di competitività tra gli esseri umani anche in ciò che non ha utilità. Per essere alla moda non ci si deve affidare ad un gusto del passato ma nemmeno non considerare il suo aspetto contemporaneo, altrimenti si risulta antiquati o eccentrici. Kant scrive: “è meglio essere matto secondo la moda che fuori di essa”. Le donne di Natalia sfidano sicuramente il concetto kantiano di moda; il loro apparire risulta un connubio di antico e attuale, in cui spicca un desiderio di economia naturalistica: collage creati con materiale di riciclo, sfondi con stoffe adesive, cornici antiche, scarti, scampoli, oggetti vari nel rispetto della dignità ambientale.  

Le donne agghindate con numerosi accessori e dalle capigliature particolari di Natalia sono globalizzate. Aspetti etnici si fondono a quelli occidentali, mentre attraverso il loro aspetto portano avanti un messaggio invisibile agli occhi dove si parla per l’appunto, di qualcosa che va oltre il concetto di moda così come si usa intenderla… si descrive la donna di oggi, nella sua interiorità.

«Cerco di rappresentare una tipologia di donna molto consapevole di sé anche dei propri difetti. Questo è il segreto che è in grado di dare forza e sicurezza. Nessuno ti può ferire nel momento in cui sai bene ciò che sei, nel bene e nel male. Io disegno quelle donne che hanno quel tipo di consapevolezza. – racconta l’artista - le donne dei miei collage non piangono mai, non hanno mai un’espressione angosciata, non sono mai deboli e sottomesse. Ho provato a disegnare donne incatenate con una serenità nello sguardo che può essere inquietante per chi le ha volute incatenare, imbavagliare». 

Le elaborazioni sono molto ricercate, realizzate unificando in un unico lavoro, disegno a mano, oggettistica, ritagli di opere d’arte famose, piuttosto che volti di modelle, rielaborati ulteriormente nella frammentazione del loro volto spesso con pezzettini sparsi, dagli occhi alla bocca, così da dare vita a personaggi nuovi, con una propria identità: l’occhio dell’uomo si accoppia con quello della donna… labbra sguaiate, divertite, discrete si fondono a visi da fumetto e corpi perfetti. Le sue opere si tingono di colori acrilici, smalti, pennarelloni, uniposca, trattopen, giocano con il visitatore nel loro apparire bizzarro come in “ricordi di famiglia”; affascinano attraverso le atmosfere che circondano le sue protagoniste come in “Egon & Fashion” dove il blu cina riesce ad addolcire anche un collare sadomaso ed insegnano a non dimenticarsi della sostenibilità ambientale attraverso gli occhi di “Help”.

 

Biografia

 

Natalia Banfi (Rho, 1971) si chiede e si risponde «E’ riduttivo definirsi in base ai lavori svolti nel corso della propria vita?  Non credo, se questi fioriscono sullo stimolo di grandi passioni»

Ha lavorato nella finanza, nel turismo, è stata contabile, cuoca, importatrice dall’oriente finché, finalmente, ha iniziato a dipingere ed è sicuramente consapevole che questa fosse la meta a cui arrivare… perché doveva trasmettere un messaggio e attraverso l’arte le è stato possibile farlo, attraverso il linguaggio che le è proprio. Dipinge perché dall’inizio dei tempi le donne sono figlie di un Dio minore e non se ne vuole fare una ragione. Le preme usare solo materiali riciclati perché sprecare, nell’attuale contesto socio-economico, è sintomo di ignoranza.

 

 

Gli angoli spaziali e musicali di Ruggero Marrani

 




L’irrefrenabile desiderio di Marrani di passare dal piano dell’irreale a quello del reale e quindi dalla bidimensionalità alla tridimensionalità, dalla pittura alla scultura, nonostante in Accademia si sia laureato in pittura, è la spinta che lo ha condotto a trovare un proprio posto nel mondo: il pensiero si fa strada e diviene vivo, frequentatore del presente per trasmettere un messaggio attraverso le sue forme, per rapportarsi fisicamente all’altro da sé ed uscire dal disegno, parallelamente alle teorizzazioni hegeliane  che si sviluppano in questo modo «La realtà è l’unità immediata – scrive il filosofo tedesco - che si è prodotta, dell’essenza e dell’esistenza o dell’interno e dell’esterno», ovvero ciò che è reale non è che l’essenza che diventa esistenza o l’interno che si viene a manifestare nell’esterno. 

 

Nella aeroscultura intitolata “Progetto per un totem”, in ceramica raku, realizzata con sassi e materiali di recupero, Marrani ricorda che esiste una storia dell’uomo che deve essere raccontata, che ogni uomo ha una storia da raccontare. Il totem, animatosi tra le popolazioni primitive, in Marrani ha un valore narrativo. Sicuramente, ne coglie appieno l’universalità dell’origine totemica così come venne intesa da Radcliffe Brown, antropologo inglese dei primi del ‘900. «Una rappresentazione dell’universo come un ordine morale e sociale - scrive questo antropologo – Il totem è regolazione del rapporto tra l’uomo e la natura oltre che quella del rapporto tra l’uomo e l’uomo come tale, sarebbe un elemento universale della cultura umana». Le aerosculture di Marrani concretizzano l’astratto, danno il volto ad un concetto, sono analisi di un territorio, discorsi planimetrici, visioni viste dall’alto dove il colore compare come traccia lasciata dall’uomo, elemento aggiuntivo, esigenza naturale del farsi corpo. 

 

Considerando invece la sculturarumore presente in mostra, quella mezza luna legata a corde musicali, si evince come lo scultore spazi oltre il mondo visibile per riuscire a far interagire il visitatore con l’armoniosità dell’universo, percependo il suono cosmico che circonda l’essere umano. «Questa scultura si riallaccia ad un altro filone: riguarda lo studio della progettazione intercontinentale – spiega Marrani -dove ci si sofferma su progetti di costruzioni che potrebbero essere sviluppate in un futuro, quando la terra non avrà più la possibilità di ospitarci e saremo costretti a vivere altrove».

 

Biografia

 

Ruggero Marrani (Varese, 1941) si è laureato all’Accademia di Belle arti di Brera, “P. Vanucci di Perugia. Rientra nel gruppo del Circolo degli artisti di Varese; è stato docente della Cattedra di Figura presso il Liceo Artistico “ A. Frattini “ di Varese.

 Le sue opere si trovano in diversi musei italiani.

 Artista d’ispirazione futurista, esordisce negli anni ’60 con lavori materici su tela, fino ad abbandonare la bidimensionalità negli anni ’80, per giungere alla terza dimensione. Quello fu il punto di partenza verso il suo più proprio approfondimento artistico, rivolto esclusivamente alla scultura, specialmente connessa alla ceramica policroma. Dà vita presto alle aeroscultura, la scultura interattiva, la sculturarumore così da rendere lo spettatore realmente attivo nel  rapportarsi alle sue opere, ruotandole, muovendole, suonandole…

 

La materia con Cibi è al confine tra arte e cibo 




La ricerca materica di Cibi diviene semplicità della forma che si sintetizza in un oggetto particolare, la mela, moltiplicato all’infinito pur con variazioni estetiche apparentemente impercettibili e giocando con i colori: natura morta diviene scultura, nell’eternizzazione della sua presenza ed appare viva, grazie alla vivacità con la quale viene presentata. «Ho individuato nella mela e nella sua semplicità l’oggetto ideale – racconta l’artista - sul quale basare la mia personale sperimentazione materica.» 

 

Mostrate in cassette, come su un banco di mercato, le sue mele sembrano da mangiare ed alcune sono pronte anche a stregarti… come in una favola? Sicuramente la mela di Biancaneve è un esempio di quanto detto, essendo un elemento fondamentale nell’evoluzione di quella storia. Lucide, dai cromatismi brillanti sono al confine tra arte e cibo… una proposta alternativa, di arte e moda, perché in fondo nel contemporaneo anche il cibo, come esso è presentato, è indice di stile e personalità.  Mele che fanno da modelle e nel loro divenire opere ci riportano alla vita del quotidiano… la vita quando è calma, familiare, calda come nelle atmosfere proprie delle cucine, posate su un tavolo in un cesto di frutta.

 

Biografia

 

Cibi ha esposto le sue opere in alcuni recenti eventi: con “Materioteca” labo- ratorio milanese che promuove e valo- rizzazione le materie plastiche ha par- tecipato alla fiera Plast di Milano nel 2014 e alla fiera Mecspe di Parma nel 2016; con il collettivo “Fuori di Design” ha partecipato al “Doposalone” di Milano, spazio Ansaldo, nel 2016; a cavallo tra il 2016 ed il 2017 la galleria “Il Bagolaro” di Vincenzo Palm- ieri gli dedica la sua prima personale; si è quindi fregiato di aver partecipato al “Catalogo Sartori d’Arte Moderna e Contemporanea 2018” curato da Arianna Sartori la quale gli ha poi messo a disposizione la propria galleria “Arte & Object Design” di Mantova per due mostre personali tenutasi nei mesi di giugno/luglio 2018 e giugno 2019; ha quindi di nuovo partecipato al “Catalogo Sartori d’Arte Moderna e Contemporanea 2019”. 

 

 

 



          

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


   

 

 

giovedì 25 giugno 2020

La Soglia

La Soglia 


All’Arcadia Art Gallery (Ripa di Porta Ticinese 61, Milano), il 28 Giugno alle ore 11.00 in contemporanea con la Fiera dell’Antiquariato, l’arte contemporanea riapre le sue porte sul Naviglio Grande con una collettiva nella quale vari artisti interpretano pittoricamente e materialmente il tema de “La Soglia”: Lillylilla, Ilaria Battiston, Oreste Giorgio, Daniele Cassano, Ruggero Marrani,
Sonya Cipro, Marco Tansini, Gianantonio Cristalli, Dario Murri, Silvia Struglia, Antonella Stellini, Laura Martucci, Barbara Legnazzi…

“Soglia” intesa come confine, a volte limite; incontro tra tempi che si susseguono e si precedono, è il passato primitivo che diventa futuro tecnologico; “Soglia” nel vivo può essere concretizzata da uno scultore come Marrani in pura forma, in quanto «superamento del confine tra figurativo e astratto».


Negli astratti di Lillylilla il gioco delle emozioni date dai colori e dal loro congiungersi svela la volontà dell’individuo di «lasciare andare ciò che non serve più e concentrarsi su ciò che si desidera».


Con Ilaria Battiston riflettiamo sul pianeta e su quel passaggio, quasi dovuto, che consentirebbe all’umanità di potersi evolvere positivamente. Con la sua “Reclicarte” si ammira quasi la bellezza della fiaba quando il colore diventa farfalla. 


Per Oreste Giorgio la Soglia è salto verso un nuovo paradigma epocale: personaggi di fantasia volano nel cielo fino a trasformarsi magicamente.  Un progetto che abbraccia anche la classicità quando in un suo acquerello Dante si avvicina alla spelonca e la osserva, aspettandosi che il mistero diventi cosciente.


Con Daniele Cassano appaiono creature a china su carta, nate da oscuri incroci, forse di un luogo che non ci è ancora dato di conoscere come quell’animale a metà tra una tigre e un serpente, «creato nella materia dal mondo dell'immaginazione!»

Le tele di Sonya Cipro dove nella solitudine di paesaggi marini, l’essere umano si immagina solo come osservatore silenzioso, ci aprono le porte ad un dialogo introspettivo: l’acqua si fa specchio d’interiorità. “Soglia” diviene «rinascita dei valori interiori perduti».

Per Marco Tansini la “soglia” si lega «al pregiudizio e alla discriminazione». Attraverso le sue opere libere dagli schemi, che prendono forma utilizzando materiale riciclato, motiva le persone a creare, poiché nell’arte risiede la bellezza del mondo. L’uguaglianza parla attraverso le opere dell’uomo.


Le sculture Pop di Gianantonio Cristalli, uomini multicolori colti nel loro passaggio, non sono mai stanche, sono sempre se stesse e sanno che l’importante è la dinamicità. Per questo artista bolognese d’origine, la soglia è un «non luogo...è solo un momento di transito e come tale va oltrepassato, oltre essa c’è sempre qualcosa di nuovo».


Osservando le fotografie in negativo di Murri in cui il bianco e nero tra le sue barbie si confrontano nello spazio, la sua rappresentazione de la “soglia” verte: «In quel gioco di rimandi e riflessi, in cui si scopre che non esiste un'unica realtà e che tutto, in qualsiasi momento, può rinascere all'opposto, seppure complementare».


Con l’espressionismo astratto della Struglia, viviamo interamente l’emozione nel suo nascere. Così la “soglia” è quell’anticamera in cui l’artista crea e torna e ritorna a creare in quell’incessante desiderio di esistere; un’anticamera in cui  le appare l’ispirazione per dare vita a nuove forme. 

Ed ancora… la “soglia” per Antonella Stellini è un punto di approdo, dove poter osservare ciò che la circonda. Per la Martucci quel confine tra passato primitivo e futuro tecnologico è una soglia che va pensata come un ponte, più che come passaggio definitivo, per poter far comunicare continuamente queste due sfere epocali. Per Barbara Legnazzi il concetto di “soglia” rientra sicuramente in ciò che l’umanità ha vissuto in questi ultimi mesi, frutto di quella vertiginosa epidemia che ha colpito il mondo. Chi non vorrebbe attraversarla e superarla? Così, nell’opera “E adesso... vuoi ancora giocare con me?”, i bambini presenti, dopo le difficoltà che ha subito la loro terra, vogliono tornare a giocare!



La Soglia
(a cura di Valentina Cavera)

Arcadia Art Gallery
Ripa di Porta Ticinese 61, Milano
Per Info: 02.8375787

Inaugurazione 28 giugno 2020 
Ore: dalle 11:00 alle 20:00 
Fino al 15 Luglio 2020

Testo critico 

LA SOGLIA 

Stiamo vivendo in pieno questa transizione che ci trasporta verso nuove modalità di fruizione d’immagini dopo essere stati travolti da una vera e propria rivoluzione digitale, con l’avvento di Internet.
Negli ultimi vent’anni la società ha attraversato numerose porte che l’hanno condotta fino a lasciarsi alle spalle l’era analogica, tanto che gli anni dieci sono stati definiti touchscreen. Ora si apre l’orizzonte sugli anni ’20 che per il momento possiamo solo immaginare. 
A quale nuove soglie ci condurrà questo nuovo decennio?  
 E come siamo arrivati ad esso? Ed in quanto tempo? Se pensate ai primordi dei nostri tempi quando ancora apparivamo come delle scimmie e l’adattamento alla natura con il passare del tempo ci ha condotto a divenire uomini forse sarà più semplice immaginarci il futuro e le modalità con cui e per cui avvengono determinati cambiamenti. Infatti olisticamente parlando l’uomo di oggi è il risultato dell’interdipendenza di più fattori ambivalenti come il corpo e lo spirito, l’organismo e l’ambiente; un giusto equilibrio tra ciò che è innato e ciò che è appreso, del concetto di individuo e quello di società, di sintesi tra storia personale e politica. Dai nostri primi predecessori, vissuti in Africa orientale, quali l’Ardipithecus ramidus e l’Australophitecus afarensis, risalenti, il primo circa a quattro milioni di anni fa e l’altro a tre milioni di anni fa, passando per l’homo abilis e l’homo erectus fino a giungere all’homo sapiens, grazie alle mutazioni sensoriali e a quelle fisiche relative alle dimensioni e alla forma del cranio in particolare, divenute simili a quelle umane,  abbiamo costruito il nostro futuro, sviluppando la creatività, la tecnologia, il linguaggio, la capacità semiotica, la socialità, la cultura per quel senso di adattività che ci è proprio. Attraverso la selezione naturale, concetto che Darwin utilizza per sviscerare la differenza tra le specie, la cultura non delinea solo i modi pratici del vivere ma è nel medesimo tempo creatrice delle “Visioni del mondo”. Ogni società ne ha di proprie, per comprenderle gli studiosi riflettono ad esempio sulle metafore adottate da ciascuna di esse. Tra queste ne esiste una che si avvicina al nostro tempo, ed è quella definita tecnologica, che il pensatore francese La Mettrie nel suo testo “Storia naturale dell’anima” del 1745 chiarisce bene. L’uomo viene paragonato ad una macchina. Se antecedentemente al secolo scorso, il soggetto era la macchina a vapore successivamente è divenuto il calcolatore elettronico: la natura non è che lo specchio di ciò che l’uomo detiene fisicamente in quanto prodotto dell’evoluzione, che combacia solitamente con l’organo cerebrale paragonato all’hardware in cui i dati che si utilizzano per programmarlo saranno resi visibili attraverso la cultura. Altresì, attraverso la scrittura è possibile allargare la memoria, nel momento in cui il disco fisso sarà colmo dei dati della cultura. Ciò spiega anche il motivo perché i gruppi umani si differenzino tra di loro. Così, andando oltre e avvicinandosi al senso dei lavori presenti in una galleria, anche l’arte stessa in quanto risorsa della cultura non si può definire universale ma sarà sempre un atto comunicativo che unisce pubblico ed artista, in quel dialogo comune ad entrambe le parti. Come il gioco, anche l’arte dà la possibilità di guardare la realtà in un modo alternativo a quello apparente grazie alla capacità della riflessività; figlia e progenitrice del nostro presente rinnova la cultura ed è rinnovata dalla stessa con lo spirito di raccontare ciò che ci circonda e con l’idea di potenziare l’evoluzione dell’uomo, attraverso tecniche e innovazioni creative. 
In “La soglia”, il vecchio e il nuovo mondo si fondono in un confine appassionato, tra nostalgie e desideri di cambiamenti.    



venerdì 27 settembre 2019

Simbologie e matamorfosi


“Simbologie e metamorfosi” sarà visibile dal 25 ottobre al 4 novembre 2019 all’interno dello Studio Mitti (Via Alzaia Naviglio Grande 4, Milano)

La simbologia primordiale degli arcani maggiori


Da un’intuizione di Bruno Papalia (Locri, ’66), nascono ventidue arcani maggiori, realizzati con pennarelli colorati su cartoncino: in A3, singolarmente o in un mazzo intero di discrete dimensioni dentro un sacchetto di velluto. Essenziali, neutrali, simbolicamente primordiali, essi colgono il nucleo dell’elemento rappresentato. Il percorso dello sguardo guidato dal disegno e letteralmente dalle parole ad esso abbinate è un viaggio dentro se stessi, nell’anima, nel cuore. «Ogni carta è nata in ordine sparso nel momento in cui l’ho creata. – racconta Bruno Papalia, pranoterapeuta ed artista – La prima carta che ho sentito di dover realizzare è stata l’eremita; è diverso da tutti gli eremiti che trovi in giro, come del resto tutto il mazzo di carte si distingue dagli altri in circolazione. Il mio desiderio era quello di tornare all’origine del principio poiché il messaggio ha più forza nella sua manifestazione. Oltre al disegno, scrivo una frase che ne raccoglie il senso e il significato.» Del resto, anche dentro di noi risiede un nocciolo che specifica la nostra natura di individuo, un nucleo che non cambia nel corso del tempo, ma che può essere solo occultato o portato fuori, esprimendo il nostro sé più vero. Sibillini, i suoi tarocchi possono essere sfogliati come fossero le pagine di un libro che si prefiggono di riferirci di cosa in quel momento necessitiamo. «”L’Eremita” è ricerca, volontà di andare verso lo spirito, di trovare una propria individualità, una spiritualità. – spiega Bruno – “La ruota della Fortuna” è ciò che noi abbiamo la forza di realizzare, perché ogni cosa dipende dalla nostra azione; “La Stella” rappresenta la forza femminile, generatrice. Nel disegno si notano due anfore, una delle quali sembra che versi dell’acqua e l’altra che la prenda, poiché vi è uno scambio equilibrato di energie tra l’esterno e l’interno.» Nella carta degli “Innamorati” si distinguono due figure che paiono entrambe femminili: Bruno Papalia ha cercato di esprimere la potenza creatrice della donna che si sprigiona in tutto, non solo nell’amore. Il sole che spicca in alto è come una benedizione del cielo, un’apertura verso il divino.   

L’inconscio pittorico di Laura Martucci


Laura Martucci (Roma ’82) ci presenta le sue opere a tecnica mista che tendono al mistero, al sogno, come viaggi onirici nella nebbia, una serie che fa parte di una sua ricerca personale. Nonostante la maggior parte delle opere di questo ciclo siano state realizzate con colori scuri, ne compare una in particolare dove la luce gioca con le ombre e nel contempo l’astratto si affianca al figurativo, come se in questo lavoro opera si vedesse il suo percorso dirigersi verso nuove sperimentazioni di stile: una porta, un confine tra due mondi interiori. Da questo dipinto che prende spunto sia dal periodo cubista che da quello surrealista, s’intravede anche quel senso dell’oscuro dove nascono le paure, le angosce dell’uomo e dove dormono gli scheletri che ci appartengono. «Dal contrasto che emerge dal sorgere della luce e le figure poste nell’ombra si coglie la speranza, la gioia da una parte e dall’altra il sentimento della perdita della fede, le ferite delle persone che ci dovrebbero amare, l’abbandono, quella crepa che si forma nel dolore della propria intimità. – racconta l’artista - Come se ci si guardasse allo specchio e ci si vedesse deformati! Ed allora… un angelo si perde tra le lacrime…» Sul filone di quelle di Odilon Redon, le altre opere catturano l’attenzione per il loro messaggio introspettivo dove ai fini di una corretta comprensione, la simbologia gioca un ruolo privilegiato, nell’associarsi di più immagini: teste, corpi sconosciuti, figure di animale si sporgono dalla tela per comunicarci una verità. «Il nostro viso è come una maschera e se una persona vuole riesce a nascondere quello che c’è dentro. Un viso sorride ma magari sta bruciando internamente. – spiega Laura – Le ombre malvagie che ci seguono, sono coloro che ci hanno fatto del male. Il coniglio rappresenta il tempo che passa e s’ispira ad “Alice nel paese delle meraviglie”; il corvo la morte. La donna sono io stessa, nella mia incompletezza, lungo una ricerca costante.»

Dal 25 ottobre al 4 novembre 2019
Inaugurazione 25 ottobre, dalle 18.30
A cura di Valentina Cavera
Studio Mitti
Via Alzaia Naviglio Grande 4, Milano
Orari galleria: Da lunedì a sabato dalle 15.30 alle 20.30
Domenica e Festivi dalle 10.00 alle 20.30


giovedì 26 settembre 2019

VISIONI INTIME E DELLA TERRA

Dal 22 al 30 ottobre, “Visioni intime e della terra” sarà visibile all’interno della Casa delle artiste (Via Magolfa 32). 
“Visioni intime e della terra”incoraggia il visitatore ad esplorare la propria anima osservando il lavoro sull’emotività svolto Da Laura MartucciAngela Leopatrie nello stesso tempo ad osservare ciò che di vero traspare sul pianeta, poiché con esso scopriamo la bellezza che risiede in noi: la naturalezza, l’armonia perfetta che ci accomuna al creato. La pittura botanica di Angela PetriniMaria LombardiCarla Pucci da Filicajae quella naturalista di Angelo Spezialecatturano in un lampo di eternale presente la perfezione data dalle piante, dagli insetti, dagli animali che sorreggono, come fossero basamenti architettonici, l’intera struttura della terra, l’habitat dove gli esseri umani hanno creato la storia e realizzano il futuro. Con le sculture di Giuseppe Morenatocchiamo la materia, sostiamo al confine tra l’uomo e la natura, per sentirsi un tutt’uno con essa. 
Le luminose colorazioni emotive di Laura Martucci.
Con Laura Martucci (Roma ’82) ci si avventura nella propria interiorità attraverso quei ritratti che mirano all’anima. Di luce, di colore, tra quei numerosi specchi geometrici che compongono la fisicità dei personaggi. Ci sono dei momenti in cui la felicità dell’individuo si fa viva ed allora tutto il corpo partecipa, vestito dalle luci dell’emozione, dai colori di festa. Dinanzi alle sue strutture si evince che attraverso il proprio corpo l’uomo si esprime ed osservando il suo modo di esprimersi si prova un sentimento. Dopo un attento studio sulle forme e sulle tonalità che evocano la felicità, la positività, nasce questo ciclo di pitturedi Laura Martucci. «I colori accesi accendono l’anima; è come se ti mostrassero la via giusta, ti trasmettessero serenità, speranza…vita. – spiega Laura - L’unione di alcuni colori crea la perfezione.»Così la donna sdraiata sulla coperta comunica il suo benessere, durante quel processo di scomposizione e combinazione di figure geometriche. Nella densità dei volumi, variopinti dalla selezione accurata di determinate colorazioni, si capta la gioia. «Sono momenti brevi ma ciò accade: quando ci sentiamo amate, quando vediamo positività nella nostra vita, nei momenti felici…  - racconta Laura - quando godiamo dei piccoli momenti.»
Si nota tra la maggior parte dei lavori di natura cubista, un ‘opera dove si annida la creatività surrealista, anche se ai margini, come fosse un richiamo al filone precedentemente descritto, le impronte del medesimo stile creano un’armonia totalizzante: una testa, priva di corpo, ad occhi chiusi immerso nella luce, vive il suo momento di beatitudine. Triangoli, rettangoli, quadrati, archi, si dividono lo spazio mentre la parte figurativa predomina. Un occhio poco distante si apre alla coscienza, mentre il mare si lascia ascoltare in lontananza.
Le Pitture di Laura Martucci sottoforma di luminose apparizioni si oppongono a quelle in mostra all’interno dello Studio Mitti (Via Alzaia Naviglio Grande 4), dal 25 ottobre fino al 4 novembre, in cui l’oscurità e l’onirico sono i protagonisti.   
Angela Leopatri, traduttrice d’emozioni   
Angela Leopatri(Milano, ‘58) con minuziosa attenzione dispone le sue emozioni sulla tela cogliendole nel loro colorato apparire, distinguendo le sfumature che le caratterizzano attraverso la scelta delle forme in differenti composizioni di natura Kandinskiana, trasformando ciò che prova in danza di luce e musica per gli occhi.
«Spesso mi sono soffermata ad osservare lo spazio, la natura o mi sono persa nelle pagine illustrate di un libro d'arte – racconta Angela - Così ho compreso che essere artista è creare emozioni e condividerle».   
Inizia a disegnare sin da bambina tra il profumo degli acrilici. Allora usava la tempera. Quel senso di appagamento e di felicità in quella sua immersione tra i colori l’ha sempre mantenuto vivo. Dopo aver terminato gli studi all’ Accademia d'Arte Cimabue di Milano in giovane età, ha sperimentato nel corso del suo percorso varie tecniche, vari stili. Focalizzandosi sui paesaggi mediterranei ha in seguito introdotto l’astratto nella sua esperienza artistica servendosi di quelle stesse tonalità che intonavano quei paesaggi. Si è imbattuta nel materico, ha unito alle colorazioni le foglie d’oro, ha lavorato con la spatola e con le mani. Sono così nate quelle opere che fanno di lei una traduttrice di emozioni, per esorcizzare i dolori, le paure ed anche allo stesso tempo per festeggiare la gioia, in quella manipolazione costante negli elementi del concreto e di conseguenza dentro se stessa. Vestire la tela del sé è lo scopo del suo lavoro.Dentro le sue opere c’è la vita, in quel gioco di forme e di colori che per un effetto ottico si muovono quasi nello spazio pur rimanendo ferme: tra le forme geometriche si sprigiona un linguaggio senza parole in cui il cerchio con la sua morbidezza visiva protegge, il triangolo con le sue punte ferisce, il quadrato impone razionalità.
Le opere che presenta in mostra hanno per titolo: “Profonda spaccatura”, “Resilienza”,” La passione, l’amore e il desiderio”.
La primaè specchio del suo rapporto difficile con il padre. Rappresenta una sfera divisa a metà con l’impossibilità di ricomporsi: sullo sfondo nero pare essere di cristallo di rocca. La sfera seppur spezzata rimane distesa con un pezzo vicino all’altro poiché un legame di sangue è e rimarrà comunque indissolubile. 
La seconda, in tecnica mista, una fusione di sabbia, olio e acrilico, rappresenta la forza che risiede in ogni donna dopo aver affrontato le varie prove della vita… è allora che si diventa rocce, dure, vigili. Su di uno sfondo oscuro, delle sembianze della pietra lavica, compare un occhio dorato da veggente. Posizionato al centro del dipinto, in prospettiva disposto sotto i vari superfici di forme, come fossero strati di pelle, sembra guardare in tutte le direzioni. 
In“La passione, l’amore e il desiderio”si celebrano i trionfi sentimentali, tra lune di sogni colorate a pastello. 
Angela Petrini e Floraviva
Angela Petrini(Novara, ‘58) è disegnatrice e al contempo Presidente di Floraviva, associazione di pittori botanici italiani nata nel 2004. In primis, lo scopo di questa associazione è di diffondere laconoscenza dell’arte botanicacome strumento attuale a sostegno della difesa del patrimonio vegetale con il quale l’essere umano convive, oltre a promuovere un atteggiamento protettivo, di salvaguardia della natura. Condividere la passione dell’espressione pittorica attraverso i disegni che contemplano ed esaltano le tracce dell’universo impresse sulla terra corrisponde ad approfondire la conoscenza del creato ed anche a godere della sua bellezza. «Il compito del Presidente, oltre a quello rappresentativo, consiste nell’indirizzare e progettare l’attività comune insieme ai componenti del Consiglio Direttivo – spiega Angela Petrini - il che si traduce nello studio di temi da sviluppare nelle esposizioni collettive e nel cercare, preferibilmente nell’ambito pubblico, collaborazione e sedi per le nostre esposizioni, le attività collaterali di insegnamento della tecnica, conferenze e relazioni attinenti all’arte botanica».
Angela Petrini presenta in mostra due acquerelli. Uno su cartoncino ed uno su carta. Entrambi rappresentano varietà di iris. Il primo dipinto s’intitola “Irisalba”e corrisponde a una delle varietà più appariscenti di questo fiore, mentre Il secondo ha come titolo “Iris Jacquesiana”.Quest’ultimo è il ritratto di«un ibrido creato dal francese Jean-Nicolas Lémon già prima del 1839, data in cui lo descrisse. Lémon attribuì il nome Jacquesianaa questa iris in onore di Henri Antoine Jacques – racconta Angela - il capo giardiniere della tenuta reale di Neully.»

Maria Lombardi(Australia, ’61), oggi vicedirettore di Floraviva, fin dai suoi esordi legati alla disciplina artistica ha sempre notato una predilezione interiore verso le forme e i colori del mondo naturale, in particolare dei fiori. Attraverso l’arte botanica che fonde arte e scienza ha potuto manifestare la sua personalità artistica nell’interpretare ciò che il vero manifesta e sprigiona.«Ho un bisogno fisico di essere circondato dalla natura – riferisce Maria Lombardi - mi diletto nella vista del bocciolo che sta per esplodere nella vita o nelle mutevoli tonalità di un fiore che sbiadisce nelle ultime fasi della sua vita». Rapita da ragazza dal lavoro della pittrice e tipografa australianaMargaret Preston e successivamente, una volta trasferitasi in Europa, scoperte le opere di molti pittori botanici del passato come il belga Pierre-Joseph Redouté, o l'incredibile naturalista di origine tedesca e illustratrice scientifica Maria Sybilla Merian, ha trovato il suo sentiero in cui incamminarsi per esprimere se stessa coinvolgendo quante più persone ad un sinceroapprezzamento della natura ed altresì ad aumento della consapevolezza verso essa. Una delle sue opere in mostra è un acquerello intitolato “Silybum marianum, (Cardo mariano)”,che rappresenta, per l’appunto, la pianta spontanea presente nel bacino del Mediterraneo.
«Questa pregiata pianta officinale, di aspetto molto affascinante, è stata usata fin dall’antichità per le sue indiscusse proprietà fitoterapiche. - spiega Maria Lombardi - È una pianta biennale dal fusto eretto, con distintivi fiori riuniti in una infiorescenza a capolino di colore violaceo-purpureoincorniciati da una raggiera di brattee spinoseche si allargano man mano che il fiore inizia ad aprirsi».
“Le storie vegetali” di Carla Pucci da Filicaja
La seduzione esotica delle piante africane perviene ai nostri occhi attraverso i disegni che Carla Pucci da Filicaja(Roma, ’61) ha realizzato durante la sua esperienza a Zanzibar durata diversi anni. “Le sue storie vegetali”s’impregnano delle tonalità di quella terra lontana, che diviene più vicina, meno sconosciuta, grazie al suo sguardo attento e alla sua passione nel viverla.Dietro alla sua pittura botanica i colori e il segno si mescolano con lo studio delle specie vegetali e l’analisi sul campo, con l’emozione nel contemplare la natura che in funzione del tempo muta il suo volto e comunica cose differenti. Poi c’è il canto della natura… «La Natura è melodia, ci sono canti per ogni ora del giorno bisogna solo saper ascoltare ed amare ciò che si fa, solo così si può trasmettere la magia dell’emozione. Questo è per me il senso della pittura botanica – racconta l’artista. – Il “canto dell’Africa” con le sue praterie, le sue piante, gli animali incontrati nel corso di tanti safari in Tanzania mi ha ammaliato, coinvolto mentalmente e fisicamente.»Tra le opere in mostra, acquerelli su carta, si troverà “Garden in Arusha”,fiore di banano,“Jozani”,dove spicca una mangrovia rossa, tra le cui fronde si nota unaJunonia oenone oenone,una farfalla che propende per le ambientazioni umide e fangose e che è golosa del nettare dei fiori. Non lontano si mostra una raganella della famiglia delle Hylidae.In “Safari a Ruaha”,Carla nel rappresentare una Kigelia africanaosservata dal vivo, immagina alla base di un ramo un piccolo camaleonte.Il cocco denominato Nazidai locali, come un’omonima opera dell’artista, è ritratto su carta assieme a parte della sua pianta, la palma da cocco. «Sullo sfondo è rappresentata anche la foglia pennata della palma che i locali chiamano makuti composta da verdi foglioline lanceolate, spesso ingiallite e bruciate dal vento. In questa occasione, qualcuno salì i 30 metri dello stipite della palma e con il machete tagliò cocchi e foglie secche. – spiega la pittrice - Il cocco è stato dipinto all’ombra del patio della mia casa africana, sul tavolo da pranzo, tra granelli di sabbia impalpabili come cipria e minuscoli insetti che riposavano sul mio foglio. Il grande tetto di makuti mi riparava dal sole e dalla luce accecante.» Nella tavola“Sulla spiaggia di Kiwengwa”, Carla ritrae una palma da cocco dalla crescita insolita: «Il fusto della pianta, - scrive l’artista - durante la crescita, aveva assunto un anomalo portamento strisciante. L’evento mi consentì il tempo per il ritratto della bellissima infiorescenza a spadice, normalmente visibile solo dal basso poiché il tipo di palma da cocco presente a Zanzibar ha un’altezza di 20-30 metri».Uno dei suoi sogni si chiama Botarte, il nome di un’ipotetica possibile associazione di artisti con cui condividere la passione per l’arte e l’amore per la natura, anche se per ora risulta essere solo il logo con cui lei si firma. 
Le meraviglie della natura con Angelo Speziale
Con Angelo Speziale[Foligno (PG), ’59] pittore naturalista di professione dal 1988, attraversiamo le meraviglie del creato, tra piante, insetti ed uccelli. Un universo da scoprire che con lui risulterà maggiormente penetrabile.
Sulle sue tavole si muove la vita: si sente crescere, evolversi, tra i colori e profumi, suoni ed ambientazioni. Osservare con gli occhi di un naturalista d’altra parte significa questo, perché oltre al disegno ci sono i suoi racconti a rendere maggiormente suggestivo il percorso. Osservare con i suoi occhi vuol dire attraversare la luce tra i petali e le foglie, giocando con lo sguardo tra le trasparenze per poter definire la carnosità dei soggetti vegetali; attendere con pazienza che la luminosità tocchi in un certo modo l’immagine, produrre schizzi a matita, raccogliendo delle note di colore ed eternizzare ciò che si è visto su una diapositiva sono i punti determinanti verso la realizzazione delle sue creazioni…. Altresì, studiare il comportamento di certi insetti, rimanerne colpiti, carpire il loro linguaggio attraverso segni e movimenti… ascoltare il suono degli uccelli, registrandolo dentro di sé per riconoscerlo successivamente, di volta in volta, sono i passi ulteriori verso una libera progettualità e una veritiera narrazione estetica di un artista di successo. 
«Ciò che m’interessa è riprodurre un racconto; tutte le mie tavole le ambiento. Non ho l’abitudine di riprodurre un soggetto estrapolato dal contesto perché mi piace raccontare anche ciò che c’è intorno; quindi ci possono essere anche altri soggetti di contorno, che di contorno non sono, ma sono magari ausiliari, complementari; oltre al soggetto animale anche il contesto ambientale è importante… la vegetazione… per dare nozione di dove vivono questi animali, che sia un uccello o un insetto. Riprodurre un po’ del loro ambiente è interessante anche dal punto di vista pittorico. Così la tavola sarà più dinamica, meno fissa».
Sin da bambino s’interessa al disegno, dapprima dipingendo casette sulle colline che con disinvoltura dinanzi agli occhi stupiti del suo maestro comparivano già in prospettiva, poi raffigurando precocemente i primi insetti, i bruchi. Dopo la parentesi avuta con immagini oniriche di entità raffigurate dietro alle sbarre, specchio di un’adolescenza introspettiva, ricompare il suo interesse verso gli insetti che poi s’incanala verso la natura tutta. Affina le tecniche pittoriche da autodidatta e approfondisce la sua cultura scientifica sull’argomento, attraverso libri ed escursioni. Sicuramente furono i suoi studi in scienze biologiche la chiave di volta che lo ha iniziato alla professione ma sono state varie le esperienze all’interno delle Università nel corso del tempo che lo hanno reso un esperto nel settore, oltre alla sua accesa passione in materia. 
In mostra presenta due differenti libellulerealizzate in acquerello su cartone, una gialla e nera (ONYCHOGOMPHUS sp), ed un’altra verdastra(SOMATOCHLORA sp). Tra gli insetti le libellule hanno sempre mosso il suo interesse, non solo per la loro bellezza ma per lo specifico comportamento peculiare che dimostrano. «Sono particolari nel mondo della natura perché sono costruite quasi come delle macchine da predazione. – spiega Speziale - Io le paragono a delle piccole tigri. Ci sono libellule che fanno predazioni d’agguato come farebbe un leopardo, oppure corrono come se fossero ghepardi».
Un'altra libellula, a matita colorata su carta, si nota in uno dei suoi disegni più complessi, adagiata su una ninfea gialla, nelle vicinanze di una rana verde; poi si susseguono, tra le raffigurazioni più articolate, Funghi Coprini con Fringuelli” in matita di grafite su carta e “Cappero”,un acquerello su carta. Tra le più semplici, invece, sboccia Boccioli di rosa graham thomas”, a matita colorata su cartae si manifesta “Ramo di pero Williams max red barlett”,un acquerello su cartone, che colti nella loro semplicità e limpida perfezione sono paragonabili a poesie visive. 
Pino Morena, lo scultore cacciatore di anime nella materia
Pino Morena, (Reggio Calabria, ’59), con le sue sculture lignee dà una seconda vita a quei materiali naufraghi, destinati a morire che provengono dai fiumi, dai torrenti, dal mare. Recuperati sulle spiagge, già levigati dalla forza dell’acqua, dalle onde, vengono ulteriormente lavorati dallo scultore che usando differenti tecniche ne stilizza la forma e ne contraddistingue la colorazione. In quanto cacciatore di anime nella materia, Morena sceglie i pezzi da lavorare in base ad una sua ricerca, che lo spinge attraverso la sua sensibilità a portare alla luce ciò che già respira nell’elemento selezionato. Ogni pezzo di legno porta con sé una determinata storia che l’occhio esterno ha modo di risvegliare con l’attenzione nel dettaglio; pare si possa scorgere l’anima dell’oggetto nei segni inferti sulla materia. Ogni suo lavoro sembra diventare confine tra uomo e natura,dove l’uomo una volta arrivato a questo confine, toccando il corpo in questione ed abbracciandolo si senta parte di essa… le sue creazioni sembrano volti in cui l’uomo ha impresso il suo passaggio dentro quel confine per annullare la distanza tra la natura e lui medesimo.
«La scultura in se stessa è la dimostrazione che io raccolgo un materiale che è destinato e a non essere utile; facendo una scultura gli dò vita… - Racconta Morena - un risvegliare la natura che sta morendo: se t’imbatti in legni e in radici che non sono più al loro posto originario, come accade in conseguenza di incendi o alluvioni, allora in un certo senso faccio rivivere ciò che è già disperso, slegato dalla sua fonte. Tutto questo dà un’emozione a chi la vede che fa riflettere su ciò che sta accadendo attorno a noi».
Lavorate con le sgorbie, scalpellini dalle varie forme, di varie misure, concave o a rondine, le sue sculture vengono trattate successivamente con delle cere o degli impregnanti, i quali regalan loro una vita più longeva e danno risalto alle venature. Scolpisce i suoi legni fino a sentirli vivi, duri, privi di alghe o residui inopportuni; legni che variano per tipologia… da quello di vite a quello di ulivo,alle radici stesse… fino ad accompagnarli con altri materiali, se è il caso, come la pietra quando, per esempio, è già incastonata nell’elemento prescelto. Con una tecnica personale, utilizzando le candele o i timbri a fuoco, riesce a dare un colore differente al pezzo concreto, dando delle sensazioni chiaro-scure. Il prodotto poi ulteriormente strofinato con carta vetrata o spazzole metalliche appare quasi un materiale differente dal legno. 

Visioni intime e della Terra
Inaugurazione 22 ottobre2019 ore 18.30
Fino al 30 ottobre2019
Casa delle artiste
Via Magolfa 32, Milano
A Cura di Valentina Cavera
Musica di Gabriele Losavio: “The sound of nature”.

Orari di apertura:
Martedì: dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 17.00 alle 20.00
Mercoledì: dalle 10.00 alle 22.00
Giovedì: dalle 13.00 alle 20.00
Venerdì: dalle 17.00 alle 20.00
Sabato, Domenica: dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 17.00 alle 20.00