Francesco Russo di padre italiano e madre greca, nasce nel ‘46 a
Caltagirone (CT) e sostenendo la tradizione storica della ceramica di quella
terra diventa maestro d’arte.
Successivamente ai suoi studi
sulla scultura all’Accademia di Roma da Pericle Fazzini e a Milano da Francesco
Messina oltre che da Marino Marini, di cui è stato allievo e assistente,
giunge, lungo il suo percorso figurativo scultoreo, verso una direzione di
sintesi. Infatti, spinto dal potere suggestivo della natura mediterranea,
legata alla madre, alla forma corporea e piena e influenzato inizialmente anche
da grandi maestri, come Henry More, M Bill, Arp, elimina i particolari e si
concentra sostanzialmente su forme essenziali come l’uovo o la sfera, elementi
archetipi della natura dell’uomo.
Attivo nelle problematiche
sociali vive il ’68 a Milano in modo attivo e consapevole. Sicuramente le sue
esperienze itineranti compiute dagli anni ’70 agli anni 2000, hanno influito
sia sul suo stile artistico che sulla propria interiorità. Nello stato Uttar
Pradesch, nella Regione Kumaon, in India,
sull’Himalaya, dopo l’incontro con un guru, l’Avatar Bhole Baba Babaji, si
cimenta in sculture sacre(Murti), realizzandole in alcuni ashram
ed aiutato da menti architettoniche crea anche un tempio; a New York si dedica all’elaborazione di
un monumento in collaborazione con un noto scultore, Chaim Gross; a Milano dà vita ad un tempio scivaita in
via gola, comprendendo quanto la spiritualità vada di pari passo allo sviluppo
artistico.
Praticando una vita tesa alla trascendentalità, si fa
viva in lui l’idea di un’arte terapeutica, capace di supportare l’osservatore,
di curare, di entrare in empatia con chi approccia ad essa, invitato dalla
ritmicità e dalla gioiosità della composizione.
Grazie alle sue esperienze tinte
di misticismo e spiritualità, si celebra dentro di lui sia una morte che una
rinascita, in grado di aprirlo ad una visione più universale, trascendendo
tutto il mondo contemporaneo, culturale ed artistico dell’occidente. «Questa
esperienza mi porta a realizzare lavori che non si legano alla mia intimità,
alla mia formazione e ai miei traumi. Liberandomi da questi ostacoli,
costruisco opere che sono realmente di beneficio all’uomo».
Una volta trasferitosi in Francia, nel castello di Savilly, in
Borgogna, sperimenta l’effetto dato dalla vivificazione del colore, portando
avanti sempre per lo più la scultura, ma approcciando anche al disegno. «Nascono le
sculture tantriche, sulla dualità
femminile/maschile, le “kundalini”, dove utilizzo anche il neon o specchi, e
dei disegni attraverso i quali inizio a entrare in una ricerca più sottile,
cercando di rivelare, indagare il mondo sottile, invisibile dello spirito che
pregna la forma, la materia. – racconta l’artista - Mi si apre una visione più
totale che mi porta alla pittura». Anche se il vero rapporto con la pittura nasce al
suo arrivo in Puglia, dove tuttora vive e lavora.
L’interrogativo che lo ha
accompagnato continuamente in questi anni creativi e di sperimentazione era
sempre: “Chi siamo, da dove veniamo e
dove stiamo andando”. In questa esposizione allo Spazio Raw propone proprio
in un percorso composto da trenta opere, i tre cicli pittorici sull’identità
che rispondono a questi quesiti esistenziali. La prima serie prende corpo sia
mediante “Flash ritratti”, così come
lui li chiama, e sia in astratti, oli su tela, realizzati entrambi con tecnica
mista, con la particolare aggiunta di pigmenti fluorescenti. I ritratti
partendo da linee minimaliste diventano immagine di personaggi comuni oltre che
noti, come cantanti, scienziati o personalità storiche. L’importante è dare
valore al divenire, cogliendo gli individui nelle differenti fasi della vita,
ovvero la giovinezza, la maturità, la vecchiaia. I geometrici, che oltre a concretizzare il primo ciclo sono anche il
simbolo del secondo, ricordano, per l’effetto dato dai colori, per assemblaggio
e combinazione segnica, i Mandala, letteralmente “cerchio di inni”,
raggiungendo il centro più intimo e profondo dell’uomo. Se il Mandala è una
raffigurazione mistica della realtà, una rappresentazione pittorica
dell’omologia tra il microcosmo, ovvero l’uomo, e il macrocosmo, l’universo,
nei dipinti di questo artista siciliano incontriamo l”’io sono”, il centro, la
nostra identificazione con un io immortale, sciolto da ogni legame con la
materialità. La musicalità, la ritmicità e l’armonia, data dal colore e dalle
forme dei geometrici rende le opere gioiose, «Terapeutiche, in grado di ricollegare
l’osservatore al vero senso della vita, al gioco della vita, dell’esistenza, -
spiega Francesco Russo - la vera natura dell’essere».
Al terzo interrogativo, “Dove stiamo andando”, rispondono le
composizioni organiche elaborate
sempre con tecnica mista: foglie vegetali, conchiglie marine, specchi, ossa,
crani umani o di animali, per esempio di coccodrillo, coniglio o di capra. Dal
fascino scespiriano, amletico, l’osservatore riflettendosi nello specchio
scorgerà oltre alla propria immagine, rappresentante l’essere, anche il non essere…
questo per guardarsi nella propria completezza. Geometriche, partendo anch’esse
da un centro,” l’io sono”, presentano “la fine ultima”, il “Cibo
dell’universo”.
In molti hanno sostenuto il suo
lavoro in questi anni di vita creativa, tra collezionisti e galleristi. Si
ricorda, per esempio, il primo gallerista Alexander Iolas di Parigi, nel ’71, e
l’attuale Annette De Keyser, di Anversa, Belgio.
Personale di Francesco Russo
“Essere nel presente così si fa
la storia”
Dall’11 dicembre 2015 al 21
gennaio 2016
Spazio Raw, corso di porta
ticinese 69, Milano
Contatti:
tel 0249436719
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