martedì 24 settembre 2024

Tananai: "Da Veleno a Ragni", riflettere sul dolore e sulla paura è riflettere sulla morte e sull’amore.

Riflettere sul dolore e sulla paura è riflettere sulla morte e sull’amore.
“Da veleno a ragni… Ho scritto un singolo che si chiamava “Veleno” ed un altro poi che si chiamava “Ragni” e mi sono domandato il perché, pur non essendo mai stato un grande pensatore”… - racconta Tananai durante la sua intervista a Suzuky Music Party” -Ho capito che in generale dell’amore più che lo zucchero mi interessa la paura e il dolore, che sono due sentimenti utilissimi, che ci tengono in vita ma che si fermano lì. Son superficiali come il dolore a una gamba o la paura dei mostri nell’armadio. Mi affascina l’idea che l’amore può dare nuove forme di lettura a sentimenti che possono essere un po’ stabili, un po’ fermi lì”.
In fondo, in questa espressione artistica musicale e testuale insieme, ritroviamo uno dei pensieri più profondi in cui si è imbattuta la filosofia. Personalmente io l’ho trattato nella tesi di laurea. Mi addentrerò quindi nella Fenomenologia dello spirito di Hegel Il quadro di cui voglio parlare è quello dedicato all'autocoscienza che contiene le figure più celebri della fenomenologia. Il centro dell'attenzione punta i suoi riflettori sull'attività concreta dell'io considerato nei suoi rapporti con gli altri. L'autocoscienza richiede la presenza di altre autocoscienze in grado di darle la certezza di essere tale. L'uomo è autocoscienza solo se riesce a farsi riconoscere da un'altra autocoscienza ovvero da un altro essere libero e pensante. Infatti in quanto appetito o desiderio, l'autocoscienza non può limitarsi a cercare il proprio appagamento negli oggetti sensibili ma ha sostanzialmente bisogno degli altri. L'autocoscienza soddisfa il suo desiderio solo in un'altra autocoscienza. (I rapporti d’amore, soprattutto quelli contemporanei sono questo in realtà. Ogni rapporto d’amore si muove tra queste righe. A volte è “veleno”, “altre volte paura dei ragni” e la romanticità dell’amore è solo un verso smielato che si allunga sul palato). Considerando ciò che si è detto si potrebbe pensare che e il reciproco riconoscersi delle autocoscienze debba avvenire tramite l'amore, il quale come Hegel aveva affermato spinto dal romanticismo negli scritti giovanili, “è il miracolo per cui ciò che è due diviene uno, senza peraltro implicare l'eliminazione della dualità”. Nella fenomenologia il filosofo si spinge verso altre vie, in quanto l’amore è una strada troppo semplice, troppo comune e facile. L'amore non porta, infatti quella maschera drammatica con cui si celebra la separazione fra le autocoscienze e si vivono le traversie per giungere ad un reciproco riconoscimento, risultando priva de “La serietà, il dolore, la pazienza e il travaglio del negativo”. Per cui il riconoscimento non può che passare attraverso un momento di lotta e di sfida, percependo sulla pelle la paura della morte, in quel conflitto, divenuto celebre, fra le autocoscienze in cui si rischia la vita. Ma…in verità non si giunge mai alla morte delle due autocoscienze in gioco, perché in tal caso sarebbe annullata l'intera dialettica del riconoscimento ma con il subordinarsi dell'una all'altra nel rapporto servo-signore, vivendo il dolore emotivo dello scontro. Ma i ruoli si possono scambiare. In ogni relazione d’amore, in cui si è avuto uno scambio, un riconoscersi, si vivono questi giochi di potere. Forse rendono il tempo insieme più prezioso, spingendosi oltre la noia, l’idea di una perfezione quasi impossibile. Il Signore è colui che con coraggio pur di vincere il confronto ha rischiato la propria vita in tutto e per tutto, mentre il servo è colui che a un certo punto ha preferito la perdita della propria indipendenza cioè la schiavitù pur di salvarsi la vita. Questo pensiero esistenzialista ci porta ad Heidegger che ha manifestato il raggiungimento della consapevolezza del sé tramite l’angoscia per la morte; e a Sartre che ha filosofeggiato sul rapporto originariamente conflittuale che tiene unite le coscienze tra loro.

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