sabato 9 settembre 2023
“El Navili”, personale fotografica di Andrea Calestani
giovedì 11 maggio 2023
Nella notte, l'emisfero curvo dei sogni
La prima copia del mio libro. Foto di copertina e prefazione di Giuliano Grittini: è davvero un sogno che si realizza, grazie alla casa editrice che mi ha sostenuta.
L’opera si suddivide in sei sezioni. Le prime cinque sono raccolte di testi poetici, una selezione di scritti del passato mescolati ai recenti, la sesta è dedicata ai racconti brevi. La prima raccolta s’intitola “La voce delle foglie” e riunisce i canti dedicati alla natura. La seconda “Studio sulla luce e i metalli” propone una visione originale sull’argomento. La terza “Amore ogni tanto mi leggi?” racchiude liriche sull’amore e l’amicizia. La quarta “Sotto spirito” sono dialoghi che l’autore ha con se stesso sulla vita e sulla morte. Queste liriche hanno tutte un titolo, perché da una parte alcune sono pensate a priori nella struttura per esserlo, come se un’opera d’arte fosse racchiusa da una cornice parlante che in qualche modo riuscisse a esplicare di cosa tratta il lavoro; dall’altra il corpo della poesia si serve quasi di un verso aggiuntivo che lo presenti, un cilindro che lo introduca. La quinta “i frammenti”, o pensieri sparsi sono gli unici testi nati senza titolo, appunti sul quotidiano, a volte enigmatici, altre volte ludici nei quali si gioca con il ritmo e la melodia del suono.
I racconti, l’ultima parte di questo libro, raccontano d’amore, di guerra, di realtà metropolitane a volte ai limiti della normalità.
Il titolo del libro è stato tratto da un verso di una poesia che si incontrerà nel testo , l’ho scelto perché dava un po‘ l’idea di ciò che sono, una sognatrice. La dimensione onirica ha tanti aspetti, uno di questi è il saper osservare oltre il velo della realtà, perché a mio avviso, o per meglio dire secondo le mie esperienze di vita, è lì che risiede la verità. Una lezione dei Veda. Nei Veda indiani, datati intorno ai 5000 anni a.C., la dea Maya, dopo aver creato la Terra, la ricoprì con un velo che doveva impedire agli uomini la conoscenza della vera natura della realtà. D’altra parte anche il mito platonico della caverna testimonia questa visone del reale.
Premettendo che ogni percorso ha un suo significato educativo, quello poetico insegna ad aprirsi a se stessi, ai sentimenti, alle emozioni. Molte persone non lo sanno fare, risultano fredde, persino gelide. Magari perché hanno paura di cercare in se stesse, non hanno gli strumenti. Molti individui per parlare con se stessi, per esempio, devono servirsi di un’altra persona. Oltre che educative la poesia e la letteratura sono anche terapeutiche, aiutano a superare o esorcizzare le proprie paure, le proprie sofferenze.
Le prime due poesie del libro, non a caso, vorrebbero nelle mie intenzioni essere una sorta di manifesto del mio modo di intendere la vita e la poesia, connesse l’una all’altra indissolubilmente: “Per sempre” e “Tra le forme”. In entrambe porto il lettore a guardare il cielo. Si dovrebbe fare più spesso. Si usa dire: “Sei sempre con la testa sulle nuvole…” oppure “Vuoi scendere dalle nuvole?”. Invece io invito a farlo, perchè i pensieri possono sfuggire all’ordinario e diventare leggeri fino a scomparire, donandoci la pace.
In realtà pur essendoci una differenza di aree testuali, ogni sezione ha a che fare con le altre, ci sono incroci e parallelismi anche se poi compaiono deviazioni. Il giocare con il ritmo e con il suono contraddistingue molte liriche, rendendole ludiche. Ci sono poesie più essenziali, stilizzate, altre invece sono musica, hanno ritmicità, un suono intrinseco.
In “La voce delle foglie” :
parte tutto da una tipica passeggiata cittadina contemporanea da dove io provengo, una città del nord, Milano, in cui spesso il cielo è coperto di nuvole, il riflesso dei pensieri di chi vive in luoghi siffatti per poi proseguire nel bosco, accanto al mare, fin ad arrivare in india, sotto i veli misteriosi degli dei. Visioni di un’autrice in un mondo che spesso dimentica che la natura sa parlare. Nel medesimo tempo si gioca con la natura delle parole come se anch’esse avessero una radice nella terra, quel linguaggio che anche se arcaico viene compreso nell’oggi, per la sua appartenenza ad una memoria collettiva, territorio scoperto da Jung; quel linguaggio che continuamente si evolve senza poter mai essere catturato, come ha chiarito Heidegger. La mia poesia, in fondo, però, quasi come un sogno all’incontrario sembra affondare le proprie radici nelle nuvole e non nella terra quasi a voler ribaltare il modo di pensare comune.
Nella poesia “Il paesaggio” si arriva ad immaginare il suono di un elemento naturale, il mare, che pur nell’assenza concreta riserba se stesso nella mia memoria, in quanto suono.
In “Studio sulla luce e i metalli”:
ho cercato di catturare la luce dei metalli nobili e non, come, per esempio l’oro, il diamante per tradurla in immagini d’ambiente naturalistico, fantastico, dando un altro valore, un altro contenuto a quell’intensità visiva che riluce di bellezza.
Le liriche sull’amicizia e l’amore hanno per titolo "Amore ogni tanto mi leggi":
La scelta del titolo di questa raccolta, che è nato un po’ per caso. Molte volte cerchiamo di comunicare con le persone. Persone che amiamo, ammiriamo, stimiamo. Ma non sempre sappiamo di essere ascoltati. Ricordo che scrivevo ad una persona in particolare e cercavo di sapere se ogni tanto leggesse le mie righe. Così quando gli ho fatto questa domanda ho ricevuto una risposta. Con questo titolo invoglio le persone alla lettura, alla considerazione, all’empatia e così… all’amicizia e all’amore.
I canti che ho elaborato essendo una selezione di opere passate, oltre a essere delle novità segnano un percorso importante dentro di me, perché sono lo specchio dei volti che hanno avuto un significato nella mia vita. Dagli incontri agli amori brevi, da quelle relazioni rare a quelle amicizie del per sempre.
In “Sotto spirito”:
Premettendo che in quelle ricerche interiori che ognuno fa, spesso oltre la vita e la morte c’è una ricerca di eternità; in questi testi cerco di scoprire il segreto della vita, il significato della morte con cui tutti noi inevitabilmente abbiamo a che fare. Cammino nel territorio dell’umano anche se poi l’uomo può superare se stesso. Sta ad ognuno di noi cercare quel passaggio segreto che conduce dove non si può vedere. La fede sicuramente ci induce a sperare. Il desiderio più grande è il poter raggiungere l’Iperuranio, quello spazio al di là delle sfere celesti, che supera i limiti della realtà materiale e della conoscenza umana, quello spazio incorporeo, spirituale, già durante il nostro soggiorno terreno, ovvero in vita. Secondo un passo di Platone (Fedro, 247), sarebbe sede delle realtà assolute e a cui tenderebbe la parte migliore dell’anima umana.
"I Frammenti":
sono appunti della giornata quando nasce, quando muore, un ricordo di una presenza.
I racconti:
I racconti sono tre e gli argomenti risultano al passo con i tempi.
Se per Grittini, come si legge nella prefazione da lui scritta “Contemplare la poesia attraverso la fotografia”, osservando negli occhi le persone attraverso l’obiettivo fotografico conduce alla scoperta della loro interiorità così nei miei racconti le veci della macchina fotografica vengono fatte dalle parole che cercano di cogliere come in uno scatto dei frammenti di realtà nel loro significato più profondo.
Anche il titolo del libro, “Nella notte, l’emisfero curvo dei sogni” viene preso in considerazione, dando molto valore a quell’intervallo di tempo che va dal crepuscolo all’alba ed è vero che “Se presso al mattin del ver si sogna”, come dice Dante.
venerdì 7 aprile 2023
“Progetto Plutonio” di con Giovanni Femia
Uno sguardo sull’attualità
I disegni di Giovanni Femia prendono ancora vita all’interno dello Studio Mitti: percorsi di fantasia che tramutano le idee sulla materia in forme e segni, in ingarbugliati discorsi sull’umano, i quali s’infittiscono e si risolvono confermando la sua presenza nel mondo dell’arte, senza mai essere scontata. Grafite su carta riciclata, come sempre molto ricercata, su cui si marca la linea e il tratto diviene preciso catturando il soggetto in espressione: realtà minimali, colte nella loro dinamicità. Progetto Plutonio, come il materiale che si usa in campo bellico, è un viaggio in sei tappe che mira ad una riflessione sulla guerra, da cui diparte un “racconto allegorico moderno”. «Mi piaceva l’idea di descrivere l’attualità – racconta l’artista - attraverso la figura di una madre, di un artigiano, di un gesto, di una donna.»
“Amor” il termine che accompagna una delle sue opere forse è un messaggio per qualcuno che non ha bisogno di ulteriori parole: in un’immagine si svela un sentimento; quasi una vignetta che però non ha un’evoluzione, rimane estemporanea come se si cibasse di un’eternità certa. Ed allora la lingua esce, l’anca si alza, lo sguardo si accentua…
Giovanni Femia, classe ’82, artista nel campo della pittura da più di dieci anni, ha partecipato a varie mostre internazionali e ha quotazioni prese a Parigi dal 2012… attualmente sulla piazza a Milano allo Studio Mitti.
Progetto Plutonio
Dal 7 al 10 Aprile 2023
Mostra di pittura di Giovanni Femia
A cura di Valentina Cavera
Allo Studio Mitti
Alzaia Naviglio Grande n.4, 20144 MILANO
lunedì 20 febbraio 2023
Durante "Arte e moda" all'Arcadia art Gallery, tra gli artisti presenti Vincenzo Milione
“L’altra realtà” di Vincenzo Milione
Cosa ci fa una renna albina assorta in un bosco sulle rive del Ticino?
E cosa sta guardando nella sua immobilità etera?
A una prima visione potrebbe apparire una fotografia di un naturalista che è riuscito a cogliere lo scatto di un animale così raro quanto un unicorno. Invece è il lavoro di un artista. In quest’opera pare prendere vita quell’attimo fuggente in cui si dà mostra all’insolito.
In realtà, la storia di questa fotografia è ben diversa. Vincenzo Milione che ha realizzato queste composizioni, ha creato un artificio servendosi di piccoli escamotage, rendendo l’opera particolarmente affascinante. Lui e una sua cara amica stavano smontando una scenografia natalizia dove c’erano anche delle renne di peluche quando hanno avuto l’idea di decontestualizzane una, inserendola in un luogo naturale, reale, creando un effetto che a un secondo sguardo suscita nell’osservatore uno straniamento.
Il risultato è l’avverarsi di un luogo di sogno, di favola dove la speranza che esistano cose meravigliose si accende di stupore. Infatti, la concezione del mondo distintiva delle fiabe è la materializzazione di un’altra realtà. La simbologia aiuta a definirne il significato. L’interpretazione dei simboli, come sostiene Jung, si deve ricercare nelle forme archetipe in cui affluiscono le tematiche esperienziali, confluendo ai medesimi nessi logici di forma e motivo. La radice di queste forme è nell’”inconscio collettivo”.
Vincenzo Milione è un fotografo che si occupa di fotografia commerciale da oltre quarant’anni; da’ vita a fotografie di architetture d’interni, still life e ritratti per l’editoria e clienti privati come aziende, architetti e designer. Parallelamente porta avanti da anni una ricerca fotografica che spazia dalla fotografia architettura allo still life di fiori.
«Quello che presento nella mostra invece è una mia nuova ricerca che si potrebbe definire “staged photography” – racconta l’artista - una sorta di connubio tra messa in scena, teatralità e fotografia. Ciò che ne scaturisce potrebbe sembrare anche nell’insieme del lavoro un’unione di più frame tratti da una pellicola cinematografica, dove realtà e finzione si mescolano.»
giovedì 22 dicembre 2022
“Tra colore e materia” di Nicola Pica
Con Nicola Pica ci s’immerge in un mondo di colori che debordano, tracimano e si gonfiano, accendendosi d’intensità, rischiarando anche le notti, quando la tela viene tracciata da arcobaleni monocolore; un mondo, altresì, di abbondanza formale che si avvicina nel suo manifestarsi al concetto boteriano di estetica pittorica. Ma se in Botero si celebra l’ironia tutta improntata dalle fattezze del soggetto, colto da una vera e propria vivacità cromatica, in Pica si dà vita a qualcosa di favoloso.
Essendo attratto sia dalla natia terra beneventana che dall’arte, l’artista nel suo operare ha eretto un ponte tra realtà e immaginazione, raggiungendo un livello ideale e tecnico, capace di trasmutare l’oggettività visiva in paesaggio immaginato, proprio come un alchimista si pensa sia in grado di poter fare, trasformando il piombo in oro.
Così i suoi notturni capeggiati dalla luna piena fanno percepire un’atmosfera quasi magica. L’oro si specchia nel buio dell’oscurità e riluce persino nel paesaggio.
Si sa che il noce di Benevento è ricordato come luogo mitico, in cui le streghe s’incontravano a migliaia per partecipare ad un sabba sfrenato in cui la parte dionisiaca veniva liberata a discapito di quella apollinea.
Nel cuore della notte … prendevano corpo le fantasie di coloro che si ribellavano alla concezione quotidiana del reale, in riti pagani. Non è un caso che queste zone ispirino la rappresentazione; sembrano nascondere una forza primordiale che il pittore nei suoi quadri visionari riesce ad estrapolare.
L’astrattismo rientra nel suo modus operandi, quando l’informale incontra la materia ed il colore diventa corposo, in un’apparente trasmigrazione dalla tela fino alla nostra quotidianità.
Con Pica nasce il movimento artistico “Cromocostruzione”, di cui lui è inventore; la cromocostruzione è entrata ufficialmente nelle Avanguardie dell’arte Contemporanea Italiana e Internazionale grazie alla pubblicazione all’interno dell’Atlante di Arte Contemporanea edito dalla De Agostini. L’uso meditato del colore, perde la contingenza ed è ciò da cui parte per caratterizzare i suoi lavori. L’orchestrare dei pigmenti e delle colorazioni in contrapposizione al bianco, conseguenza della somma delle vibrazioni luminose, in cui riposano tutti i colori, genera l’opera. Il cielo allora si fa bianco ed anche le stradine tra le colline mentre esse con le loro onde tinteggiate sono espressione pura.
martedì 13 settembre 2022
sabato 21 maggio 2022
ARCADIA ART GALLERY
MILANO
15 – 26 maggio2022
Bi-personale di Arte contemporanea
Presentazione e testo critico a cura di Valentina Cavera (Giornalista e Critico d'Arte)
Arcadia Art Gallery presenta due personali: di opere scultoree realizzate da Gianantonio Cristalli e di pittura, opere di Gabriele Marchesi.
Come seguire le immagini di un film muto in bianco e nero su uno schermo televisivo contemporaneo che si moltiplica, Marchesi celebra i trascorsi della vita dell’uomo in “Fascino del tempo”. Volti di donna, di anziani signori emozionano il visitatore in un viaggio tra intimità e segreti, saggezza e fierezza.
Cristalli espone i suoi lavori come fossero giocattoli, dalle colorazioni accese, nel loro moltiplicarsi per raggiungere la fantasia e la creatività dello spettatore. Come un demiurgo crea plasmando la materia dando prova che anche ciò che è statico può toccare il confine del movimento in “Demiurgo futurista”.
ARTISTI IN MOSTRA:
Gianantonio Cristalli in “Demiurgo futurista”.
Gabriele Marchesi in “Fascino del tempo”.
ARCADIA ART GALLERY
Ripa di Porta Ticinese 61 Milano - Naviglio Grande
“Il fascino del tempo” di Gabriele Marchesi
Gabriele Marchesi presenta una serie di ritratti in bianco e nero che sposano un iperrealismo meditato, ricercato, studiato.Volti di donna, colti nella loro purezza e in un immacolato universo estetico, rappresentato da una poesia di una rosa specchio di femminilità… come “Sguardo sognatore”,”Rapita da un piacevole sogno”; o di anziani signori che con i loro sguardi fieri e la loro pelle vissuta, permettono di percorrere vicoli e strade verso la saggezza.
Le lezioni di Fabio Aguzzi, pittore italiano, che ha frequentato negli anni ’80 infatti hanno condotto Marchesi a misurarsi con la figura dal vero e a conoscerne i segreti. Seguendo i suoi insegnamenti «ha assimilato il rigore formale e la costruzione degli spazi disponibili – ricorda l’artista - elaborando poi nel tempo, l'idea di rendere le figure libere di muoversi in spazi...infiniti».
Osservando le sue opere pare di guardare in uno schermo televisivo contemporaneo un film muto in bianco e nero, dove però trapelano attraverso la scelta delle pose e delle espressioni, lo scatenarsi di emozioni intime, inconfessate, che l’essere umano tende a mostrare solamente in privato o a tenere per se’: storie di vita umana che si ripetono nei differenti cicli vitali dell’uomo e che Marchesi celebra. È il fascino del tempo che ci concede una tregua in quell’istante che l’artista riesce a racchiudere nelle sue opere. In quell’emozione che viene raccontata dal soggetto si intravede l’anima, si sente la vibrazione di una presenza eterea. Come sostiene Aristotele nella “Fisica”, nell’anima il tempo e l’eterno si connettono attraverso l’istante. Esso è condizione del tempo «ma non è una parte del tempo. Se il tempo non fosse, l’istante non sarebbe, e se non fosse l’istante non sarebbe il tempo». Un’ulteriore riflessione di Hegel sono maggiori passi verso una reale comprensione di questa argomentazione. “«Il tempo è l’essere che mentre è, non è, e mentre non è , è” », ovvero «il divenire intuito» nell’” «ora».
In quegli attimi che il pittore ritrae si nascondono fatti autobiografici. Infatti, la sua musa ispiratrice è Simona la moglie, che gli ha permesso di «conoscere l’importanza di essere donna” », ricorda Marchesi; invece in quelle immagini dipinte di anziani signori, si nasconde la presenza del nonno che lo ha cresciuto, essendo rimasto orfano all’età di undici anni. I soggetti catturati in scatti durante le sue passeggiate al mercato, o selezionati dal web infatti vengono modificati; allora ricompaiono gli occhi azzurri e la barba di chi gli ha fatto da padre, in una nuova composizione tanto da rendere i soggetti anonimi.
Sicuramente, anche la storia dell’arte è stata come una tutrice per lui. «Il Medioevo e il Rinascimento sono i periodi della storia dell’arte che prediligo. Le figure della pittura prerinascimentale di Duccio di Buoninsegna, Simone Martini e Giotto, solo per fare un esempio, le trovo molto moderne, amo quegli sfondi turchesi, ambrati, verdi e le aureole dorate che impreziosiscono l’insieme. – spiega l’autore - Mentre nel Rinascimento le madonne spesso di trequarti o di profilo con sguardo sognante e interrogativo (cito i più grandi Leonardo, Bellini, Piero della Francesca) sono stati la fonte del mio sviluppo artistico. Per quanto riguarda invece i ritratti degli anziani sono fonte d’ispirazione le opere di Albrecht Dürer, per me il più grande. Ancora oggi un riferimento principale».
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Cristalli, il demiurgo futurista
Gianantonio Cristalli insegna discipline plastiche oltre a realizzare opere d’arte. Si nota infatti una spiccata manualità ed anche un’accentuata destrezza nell’utilizzare differenti materiali. Anche la fantasia con cui realizza diverse tipologie di soggetti è indice di un artista che è in grado di fronteggiare la matericità.
Lungo il suo percorso infatti sperimentando vari materiali è giunto a pensare che il protagonista assoluto rimane il soggetto che si vuole creare, in quanto base da cui partire per l’elaborazione dell’opera. In questo senso il soggetto è sia fine che mezzo per raggiungere il fine e la manualità dell’artista si adopera affinché accada. Quello che conta per lui non è trovare e conservare quel segno in grado di rappresentare se stesso, come una firma al fine di essere riconosciuto indistintamente dall’occhio che osserva ma la creazione stessa, dare alla luce ciò che è stato pensato nell’ombra della sua interiorità. Non si può dire che la sua attività di artista si distingua in veri e propri periodi ma è certo che avvicinandosi ai vari materiali con cui ha approcciato ha scoperto come rendere reali i personaggi che accompagnano la sua immaginazione. Lavorare il marmo, in primis, e successivamente altri materiali lapidei, dai marmi colorati all’arenaria e al granito, è stato rivelatorio. Da una parte poiché quel tipo di produzione equivale allo “scolpire nel vero senso della parola”, come suggerisce l’artista, dando origine a qualcosa togliendo, dall’altra in quanto attraverso quell’atto artistico plasmando poi materiali in cui si poteva anche aggiungere, come l’argilla, ha acquisito la sicurezza di un demiurgo. Su un piano filosofico, Cristalli è in grado di dare il soffio vitale a una materia informe e ingenerata che gli preesiste. Quel rigoroso dualismo ipotizzato da Platone tra mondo delle idee e la realtà sensibile, grazie alla figura del demiurgo, il divino artigiano, viene mediato. Come fosse un’intelligenza che progetta il mondo così Cristalli guarda alle idee come modello e usa la materia come strumento. Anche se poi Cristalli, come è stato sottolineato in precedenza, parte sempre dal soggetto per la scelta del materiale con cui operare.
«I miei fucilieri (dall’opera “Put flowers in your guns”) - racconta Cristalli - non avrebbero senso in marmo in quanto il marmo può far cadere il soggetto nella retorica celebrativa, in ceramica acquisterebbero un senso quasi quotidiano». D’altra parte gli elementi stessi che utilizza per la composizione dei suoi lavori nello stesso tempo hanno determinate caratteristiche in grado di coinvolgerlo in modo discordante. «Il mio stile cambia a seconda del materiale che adopero: il marmo è un confronto con la storia, la pietra ha un qualcosa di meno nobile, più casereccio quindi suggerisce uno stile più grossolano – aggiunge l’artista -l’argilla/ceramica è quasi un mestiere artigianale, ne sono un esempio i vasai.»
Il prodotto delle sue evoluzioni che giunge all’Arcadia Art Gallery è personificato da soggetti in argilla dalle colorazioni accese e nel loro moltiplicarsi. Un omaggio alla Pop Art anche se è arrivato a questo entrando dalla porta del futurismo, approfondendo la figura di Depero e dei suoi “burattini creati con l’incastro delle geometrie”, ricorda Cristalli. Il colore diventa fondamentale poiché già di per sé conduce l’uomo a provare un’emozione. Così i soggetti più volte ripetuti ma nella variazione cromatica pur essendo uguali nella forma hanno un impatto differente sullo spettatore. Comunque la loro forza è nell’insieme.
«Le mie forme cambiano di colore e questo può dare significati diversi: può essere un’idea contro il razzismo (bianco contro nero) oppure l’idea che ad ogni persona un colore dice qualcosa di diverso (Kandinskj). Il soldato rosso può avere un significato, lo stesso soldato però nero un altro. Il rosso può essere allegria (chi ha mai visto un soldato completamente rosso?), il soldato nero può essere cupo, brutale ... ne nascono sentimenti opposti.»
Si legge nei tuoi soggetti statici il movimento, l’intenzione di dedicarsi ad una particolare azione, la profondità di un’emozione che si fa viva. Affine al futurismo, ma in potenza. I soggetti sono fermi nella realtà di fatto, ma producono a volte un rumore immaginato di un atto ancora celato che pare di ascoltare; altre volte nel loro apparente spingersi nello spazio, come fosse un effetto ottico, raccontano qualcosa di essenziale: una paura? un sentimento? Una verità?