mercoledì 24 agosto 2016

Personale di Karin Feurich:"Rosso d’autunno. Così quando cadono le foglie…"

All’interno dello Spazio Raw si presenta una Bi-personale, una riflessione sulla natura. 



Con Karin Feurich e Gabriele Fiocco.


Inaugurazione 2 settembre, ore 19.00

Fino al 15 settembre 2016

Spazio Raw
C.so di Porta ticinese 69, Milano

0249436719

Lusingano la vista gli oli su tela di Karin Feurich, nei quali c’è un trionfo della bellezza, una rinascita, una descrizione raggiante del paesaggio bucolico. La luce vince sull’oscuro. Un viaggio tra i colori dei fiori, dei cieli tinti del rosso dell’autunno, delle atmosfere delle fiabe. Sembra quasi di percepire il profumo dei mercati dei floricultori o delle cortecce degli alberi nell’infittirsi del bosco. Pare di intravedere Pan nei suoi paesaggi onirici e fate cortesi spiarci nell’osservare. 
I suoi disegni su carta congiungono la bellezza estetica del soggetto all’utilità data dagli elementi naturali, che vengono riutilizzati per creare le opere. Proprio così quando cadono le foglie, si dà loro un nuovo scopo: la salvia e le foglie degli alberi, tramite una tecnica particolare sperimentata da questa artista diventano timbri che lasciano eternamente la loro presenza, nella forma, attraverso le minuziose venature che la compongono.

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Scaturisce meraviglia osservare i colori della natura che si mescolano alle forme e sfumano lasciando sempre intravedere il senso delle cose.
 La pittura di Karin Feurich si fonde con la bellezza propria dell’esistere. In lei la natura diviene riflesso dello spirito nel corpo materico. Le sue tecniche percettive ci mostrano l’armonia del creato, semplicemente, naturalmente evitando deliberatamente la complessità insita nel mondo che ci circonda. I suoi paesaggi non sono che lo specchio della sua interiorità, gioiosa, positiva, trasognante. Il ruolo delle sue composizioni estetiche è quello di suscitare piacere, amore per l’universo e per l’arte stessa. Arte come espressione del proprio sentire, dello stupore e dell’incanto nell’osservare il cuore di un bosco illuminato dalla luce dell’autunno, del rosso delle foglie che si lasciano cadere, abbandonandosi al proprio destino… del cielo ascoltato nel silenzioso fruscio delle piante, mentre il vento le smuove come onde di un mare senz’acqua… del profumo che pare di poter sentire. In Karin, la pittura diventa fiaba quando le tonalità dell’azzurro si fondono con il lilla e l’arcobaleno dato dalle sfumature dell’erba e dei fiori. «Mi affascina sempre quando la natura si colora, soprattutto l'autunno, poi anche l'inverno con i suoi paesaggi innevati. Primavera con il suo risveglio della natura e l'estate con i suoi colori brillanti e solari. – spiega Karin - Vivere la campagna, ti regala tutte queste sensazioni di fascino e ti fanno sognare».

 Poesie visive, riflesso di occhi che guardano la profondità del bello nell’animo umano, l’altrove che risiede in noi stessi. L’arte in Karin è bellezza. Come teorizzava Platone la bellezza è in grado di provocare amore, tanto che ha il potere di spingerci verso il ricordo o la contemplazione delle sostanze ideali. La bellezza in questa pittrice tedesca di origine, ma al contempo italiana per scelta e sorte, è anche ordine, cura minuziosa. Seguendo il discorso filosofico di un altro noto pensatore, ovvero Aristotele, ritroviamo questa medesima concezione: della bellezza cioè come simmetria, come ordine. Molti artisti del rinascimento rimasero fedeli a questa linea di pensiero. Con Karin Feurich assaporiamo la meraviglia della natura filtrata dalla cura che rivolgiamo ad essa, dalle attenzioni che le dedichiamo, a volte quasi istintivamente così come si taglia l’erba alta di un prato o si potano le piante quando il tempo lo richiede. I suoi soggetti seguono i colori del tempo, che mutano nel trascorrere dei mesi, con il passare delle stagioni.  Si rivive nelle sue opere la Toscana con i suoi cipressi, gli uliveti, i papaveri, i girasoli… luoghi amati che lo sguardo dell’anima ha reso eterni.

Biografia  

Nata a Lipsia in Germania, dopo il matrimonio con un italiano si trasferisce a Carimate (Co). La simpatia verso la nostra cultura avviene con naturalezza. Discendente di immigrati dell’800 al tempo dello Zar, ha vissuto a stretto contatto con persone che erano dotate di un’altra cordialità che si avvicina molto a quella del nostro paese. Avevano un calore umano che è molto simile a quello che possiedono gli italiani. I nonni erano russi di San Pietroburgo, prima della rivoluzione, I suoi cari hanno fatto tutti una esperienza russa finché non sono arrivati i bolsceviti; c’erano tante comunità straniere al tempo dello zar, poi con la rivoluzione uccidevano a vista… e furono costretti ad emigrare.

Nel 1998 s’iscrive all’Accademia di Brera e frequenta il corso di pittura della scuola degli Artefici con la professoressa Luciana Manelli, diplomandosi. Partecipa alle esposizioni del gruppo pittori di via Bagutta e del Naviglio. Opera in Toscana, dove è attiva in numerosi programmi d’arte, mostre personali e collettive.





 


Personale di Gabriele Fiocco: "Rosso d’autunno. Così, quando cadono le foglie…"

Le sculture di Gabriele Fiocco ci conducono esclusivamente lungo un percorso di utilità del rifiuto attraverso la sua ricerca progettuale del compostificio. Le foglie, i rifiuti organici, si trasformano grazie alle sue compostiere, realizzate sempre in parte con materiali di riciclo, recuperati dalle strade, dai bordi dei fiumi, dal retrobottega di aziende. Colorati in maniera grezza, rigorosamente con acrilici e smalti naturali, sono strutturate anche per apparire come elementi d’arredo, di design. Le foglie quando cadono si tramutano in compost che è possibile così utilizzare per dare una nuova vita alla terra di un giardino. Presenti in mostra anche modellini e disegni stilizzati delle sue originali compostiere.


Inaugurazione 2 settembre, ore 19.00

Fino al 15 settembre 2016

Spazio Raw
C.so di Porta ticinese 69, Milano


0249436719
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Il Progetto del Compostificio di Gabriele Fiocco (Napoli, 14 settembre 1979) nasce dall’emergenza rifiuti a Napoli del 2008. « Il Compostificio nasce dall’accatasto. C’erano montagne di rifiuti, in mezzo ad essi c’erano gli organici, ovvero l’umido, le foglie, gli scarti frutta e verdura, la cenere delle pizzerie, il caffè. Tantissime cose preziosissime vengono buttate, finiscono in mezzo alla plastica, fanno danni abnormi». Sicuramente l’idea è stata messa a punto, inoltre, grazie alle sue esperienze avvenute all’interno del Trasformatoio, una bottega che lo stesso autore aveva aperto a Napoli in quegli anni, frequentata oltre che da amici, i quali prendevano parte alla creazione di oggetti originali, anche da Riccardo Dalisi, architetto e designer precursore dell’arte povera. «Dalisi, durante gli anni ’70, ’80 ha fatto lavori importanti sia in strada, sia con alcuni artigiani di Napoli, con i quali ha seguito una ricerca di design artigianale, con materiali poverissimi, i materiali di scarto. Ci ha insegnato molto. – racconta Fiocco - Abbiamo praticato esercizi di creazione collettivi. In quel caso, si è realizzata in maniera un pochino esponenziale questo concetto della composizione, di una composizione libera, perché ognuno partecipava a queste costruzioni in una maniera spontanea. Il risultato era un risultato collettivo più ricco, che assomiglia molto alla differenza che si instaura tra il comporre l’ambiente e quello di ordinarlo”. L’autore così inizia a dare vita alle compostiere, contenitori dove poter sistemare i rifiuti. Infatti si rende conto che dando un destino diverso alla stessa materia si poteva «creare la vita, arricchire il terreno, nutrire le piante e quindi nutrire la nostra vita». Come afferma Gabriele Fiocco «Questo è un concetto meraviglioso” e merita molta attenzione. Dalle eleganti fattezze, realizzate con materiale di riciclo e colorate con vernici naturali, tra acrilici e smalti, prodotti da alcune specifiche aziende, sono sicuramente anche elementi d’arredo e design. Incredibile pensare come tutto possa cambiare se gli stessi elementi vengono posizionati in contenitori differenti.  «Quindi si potrebbe pensare che sia una questione di ordine, tra virgolette. L’ordine, però, lungo questo percorso, viene subito rinnegato, perché l’ordine è un’imposizione, non c’è libertà, comunicazione. Paradossalmente la soluzione del compostificio avviene dal caos, non viene dall’ordine. Perché l’’ordine non è stato uno stimolo per trovare una soluzione, il caos si. Per trovare una soluzione io parto da qualsiasi condizione considerata anche la più caotica, da momenti di pura emergenza, dal casino totale. Il compostificio non è l’ordine del caos, ma è una composizione. Da tutto ciò che creo nasce una composizione, non l’ordine stesso… Dunque io creo dal disordine». A livello filosofico, il caos viene definito “abisso sbadigliante”, quella condizione di completo disordine che antecede la nascita del mondo. Anche Kant se ne servì, per rappresentare lo stato originario della materia dal quale si sono poi creati i mondi. Dal caos nasce la vita anche nel progetto del compostificio. Il tema del recupero è oggi una problematica importante, molto dibattuta. Seguendo la ricerca di questo giovane artista si evince che: «Il mio lavoro non è sul contenuto, ma sul contenitore. Il contenuto, dipende dal contenitore… gli stessi elementi messi nella plastica creano la morte…una buccia di mela, insieme alla foglia di insalata se vengono messe in un sacchetto di plastica e vengono sbattuti in una discarica, subiscono una trasformazione in assenza di ossigeno. Quella roba crea una proliferazione batterica dannosa, inquina l’aria e le falde acquifere… e sono poi quelle cose che creano i tumori, le malattie. Ci avvelenano praticamente, avvelenano le piante, il terreno, gli animali. Le stesse cose, e qui c’è l’opportunità che sta a noi e al contenitore… quelle stesse cose messe in una compostiera, con del terreno e con delle foglie, in un mix corretto di proporzioni, diventano concime. La suddetta materia viene digerita dagli microrganismi e diventa terreno. Se mescolata in quantità giuste fra cose secche e cose umide assomiglierà molto, anche a livello di profumo, al sottobosco…  La manovella che accompagna il design dell’opera stessa è un elemento che coinvolge chi si avvicina a questi contenitori in una maniera cognitiva. Osserverà la materia all’interno della compostiera e curerà con maggiore attenzione il risultato. Nel contenitore giusto non è roba di cui schifarsi».


Biografia

 Dopo gli studi svolti a Perugia in comunicazione pubblicitaria, si dedica a istallazioni, prototipi e incursioni urbane, disegno, composizioni artistiche, sculture, costruzioni in legno e acciaio, design artigianale, azioni di comunicazione o d'arredo urbano. A Napoli dopo aver assistito Riccardo Dalisi nel progetto Università Volante (in collaborazione con Tam Tam Tam di Alessandro Guerriero e Alessandro Mendini), ha approfondito la passione per il disegno libero, la costruzione senza fissaggio, gli esercizi di creatività di gruppo, il design. Dopo il Trasformatoio a Napoli (visibile la pagina su facebook) si dedico stabilmente al design perché considera gli oggetti come mezzi di comunicazione utili alla risoluzione di vere problematiche sociali, con il progetto Compostificio (vedi www.compostificio.it e pagina facebook). A Milano come a Napoli collabora con diverse associazioni legate al tema del design del riciclo, della “decrescita”, del riuso temporaneo degli spazi pubblici. Espone alcuni prototipi di compostiere d'arredo nell'VIII edizione del Triennale Design Museum di Milano curato da Célant in collaborazione con Silvana Annicchiarico. 
Ha in corso la progettazione di compostiere didattiche per scuole e d'arredo urbano in collaborazione con un’azienda di Torino. Inoltre propone laboratori di trasformazione degli scarti organici e stimolazione immaginativa, rivolti ai bambini di scuole elementari e medie. Cerca d'imparare dalle sue compostiere a trasformare i limiti in opportunità.


Link Video : https://www.facebook.com/spazioRAW-153291728071019/videos






Personale di Gabriele Fiocco: "Rosso d’autunno. Così, quando cadono le foglie…"

Le sculture di Gabriele Fiocco ci conducono esclusivamente lungo un percorso di utilità del rifiuto attraverso la sua ricerca progettuale del compostificio. Le foglie, i rifiuti organici, si trasformano grazie alle sue compostiere, realizzate sempre in parte con materiali di riciclo, recuperati dalle strade, dai bordi dei fiumi, dal retrobottega di aziende. Colorati in maniera grezza, rigorosamente con acrilici e smalti naturali, sono strutturate anche per apparire come elementi d’arredo, di design. Le foglie quando cadono si tramutano in compost che è possibile così utilizzare per dare una nuova vita alla terra di un giardino. Presenti in mostra anche modellini e disegni stilizzati delle sue originali compostiere.


Inaugurazione 2 settembre, ore 19.00

Fino al 15 settembre 2016

Spazio Raw
C.so di Porta ticinese 69, Milano


0249436719
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Il Progetto del Compostificio di Gabriele Fiocco (Napoli, 14 settembre 1979) nasce dall’emergenza rifiuti a Napoli del 2008. « Il Compostificio nasce dall’accatasto. C’erano montagne di rifiuti, in mezzo ad essi c’erano gli organici, ovvero l’umido, le foglie, gli scarti frutta e verdura, la cenere delle pizzerie, il caffè. Tantissime cose preziosissime vengono buttate, finiscono in mezzo alla plastica, fanno danni abnormi». Sicuramente l’idea è stata messa a punto, inoltre, grazie alle sue esperienze avvenute all’interno del Trasformatoio, una bottega che lo stesso autore aveva aperto a Napoli in quegli anni, frequentata oltre che da amici, i quali prendevano parte alla creazione di oggetti originali, anche da Riccardo Dalisi, architetto e designer precursore dell’arte povera. «Dalisi, durante gli anni ’70, ’80 ha fatto lavori importanti sia in strada, sia con alcuni artigiani di Napoli, con i quali ha seguito una ricerca di design artigianale, con materiali poverissimi, i materiali di scarto. Ci ha insegnato molto. – racconta Fiocco - Abbiamo praticato esercizi di creazione collettivi. In quel caso, si è realizzata in maniera un pochino esponenziale questo concetto della composizione, di una composizione libera, perché ognuno partecipava a queste costruzioni in una maniera spontanea. Il risultato era un risultato collettivo più ricco, che assomiglia molto alla differenza che si instaura tra il comporre l’ambiente e quello di ordinarlo”. L’autore così inizia a dare vita alle compostiere, contenitori dove poter sistemare i rifiuti. Infatti si rende conto che dando un destino diverso alla stessa materia si poteva «creare la vita, arricchire il terreno, nutrire le piante e quindi nutrire la nostra vita». Come afferma Gabriele Fiocco «Questo è un concetto meraviglioso” e merita molta attenzione. Dalle eleganti fattezze, realizzate con materiale di riciclo e colorate con vernici naturali, tra acrilici e smalti, prodotti da alcune specifiche aziende, sono sicuramente anche elementi d’arredo e design. Incredibile pensare come tutto possa cambiare se gli stessi elementi vengono posizionati in contenitori differenti.  «Quindi si potrebbe pensare che sia una questione di ordine, tra virgolette. L’ordine, però, lungo questo percorso, viene subito rinnegato, perché l’ordine è un’imposizione, non c’è libertà, comunicazione. Paradossalmente la soluzione del compostificio avviene dal caos, non viene dall’ordine. Perché l’’ordine non è stato uno stimolo per trovare una soluzione, il caos si. Per trovare una soluzione io parto da qualsiasi condizione considerata anche la più caotica, da momenti di pura emergenza, dal casino totale. Il compostificio non è l’ordine del caos, ma è una composizione. Da tutto ciò che creo nasce una composizione, non l’ordine stesso… Dunque io creo dal disordine». A livello filosofico, il caos viene definito “abisso sbadigliante”, quella condizione di completo disordine che antecede la nascita del mondo. Anche Kant se ne servì, per rappresentare lo stato originario della materia dal quale si sono poi creati i mondi. Dal caos nasce la vita anche nel progetto del compostificio. Il tema del recupero è oggi una problematica importante, molto dibattuta. Seguendo la ricerca di questo giovane artista si evince che: «Il mio lavoro non è sul contenuto, ma sul contenitore. Il contenuto, dipende dal contenitore… gli stessi elementi messi nella plastica creano la morte…una buccia di mela, insieme alla foglia di insalata se vengono messe in un sacchetto di plastica e vengono sbattuti in una discarica, subiscono una trasformazione in assenza di ossigeno. Quella roba crea una proliferazione batterica dannosa, inquina l’aria e le falde acquifere… e sono poi quelle cose che creano i tumori, le malattie. Ci avvelenano praticamente, avvelenano le piante, il terreno, gli animali. Le stesse cose, e qui c’è l’opportunità che sta a noi e al contenitore… quelle stesse cose messe in una compostiera, con del terreno e con delle foglie, in un mix corretto di proporzioni, diventano concime. La suddetta materia viene digerita dagli microrganismi e diventa terreno. Se mescolata in quantità giuste fra cose secche e cose umide assomiglierà molto, anche a livello di profumo, al sottobosco…  La manovella che accompagna il design dell’opera stessa è un elemento che coinvolge chi si avvicina a questi contenitori in una maniera cognitiva. Osserverà la materia all’interno della compostiera e curerà con maggiore attenzione il risultato. Nel contenitore giusto non è roba di cui schifarsi».


Biografia

 Dopo gli studi svolti a Perugia in comunicazione pubblicitaria, si dedica a istallazioni, prototipi e incursioni urbane, disegno, composizioni artistiche, sculture, costruzioni in legno e acciaio, design artigianale, azioni di comunicazione o d'arredo urbano. A Napoli dopo aver assistito Riccardo Dalisi nel progetto Università Volante (in collaborazione con Tam Tam Tam di Alessandro Guerriero e Alessandro Mendini), ha approfondito la passione per il disegno libero, la costruzione senza fissaggio, gli esercizi di creatività di gruppo, il design. Dopo il Trasformatoio a Napoli (visibile la pagina su facebook) si dedico stabilmente al design perché considera gli oggetti come mezzi di comunicazione utili alla risoluzione di vere problematiche sociali, con il progetto Compostificio (vedi www.compostificio.it e pagina facebook). A Milano come a Napoli collabora con diverse associazioni legate al tema del design del riciclo, della “decrescita”, del riuso temporaneo degli spazi pubblici. Espone alcuni prototipi di compostiere d'arredo nell'VIII edizione del Triennale Design Museum di Milano curato da Célant in collaborazione con Silvana Annicchiarico. 
Ha in corso la progettazione di compostiere didattiche per scuole e d'arredo urbano in collaborazione con un’azienda di Torino. Inoltre propone laboratori di trasformazione degli scarti organici e stimolazione immaginativa, rivolti ai bambini di scuole elementari e medie. Cerca d'imparare dalle sue compostiere a trasformare i limiti in opportunità.