martedì 19 maggio 2015

"Il cammino universale" Di Angel Leòn Ibarra

“Il cammino universale” di Angel Leòn Ibarra
“Il cammino” oltre che propriamente il titolo di un suo dipinto è simbolo di questa esposizione, è il cammino personale di Angel Leòn Ibarra, artista peruviano, nato a Lima nel ‘70 e trasferitosi in Italia all’età di trentatré anni; il cammino è, allo stesso tempo, il tragitto proprio di ogni essere umano che si spinge lungo la linea della vita, attraversando il percorso della crescita sino alla imperscrutabile fine… rappresenta altresì i cammini dei molti che valicando i confini e integrandosi in altre società sono diventati cittadini del mondo grazie alla globalizzazione dei nostri giorni. Il cammino appartiene anche a chi, in verità, non si è mai mosso, ma che ha visto mutare, volente o nolente, tutto intorno a sé, come se il concetto stesso di confine, di straniero pian piano si stesse dileguando.

Con l’expo a Milano attualmente in corso, l’esposizione universale, piccolo viaggio attorno al mondo dove si possono conoscere da vicino ben 146 paesi, il punto di vista di Leòn e delle sue rappresentazioni pittoriche appaiono ancora più straordinariamente nitide e dai tratti odierni.

Seguendo i suoi passi, di dipinto in dipinto, si osserva il suo particolare itinerario che al di là della sua determinata esperienza è specchio di un universale andirivieni, comune ad ogni uomo coevo. Così disponendo le sue tele una accanto all’altra, oltre a scoprire in particolare la storia di un popolo lontano, con le sue sofferenze, le sue speranze, le sue gioie, tra colori del reale che non ingannano chi osserva, nel folclore di costumi e capigliature tipiche della gente che lo corrisponde, si fronteggia l’argomento del contemporaneo. Soffermandosi spesso sulla figura femminile, il sesso debole, Leòn dipinge e racconta la loro storia, tra colori da una parte variopinti o dall’altra estremamente oscuri. Un passo dopo l’altro lo trasporta in pittura, come nella vita, ad esplorare nuovi territori, nuove emozioni, addentrandosi negli spazi dell’interiorità dell’animo, in dimensioni avvolte da solitudine quando se ne sente l’esigenza, cupe come in “La bella addormentata” dove un deserto nero impera simboleggiando la morte, il cambiamento, la trasformazione che la sottintende. L’andare avanti, d’altronde, in Leòn significa crescere, mutazione di coscienza, apertura dello sguardo interiore, chiarezza nell’osservare ciò che ci circonda. La sofferenza, la solitudine non sono che momenti in cui ci si apre alla comprensione dell’ universo, per poter camminare nuovamente ma con un passo più forte e sicuro.

La morte è un tema ricorrente e determinante nelle sue opere. In linea con ciò che pensava Dilthey. «Il rapporto che caratterizza in modo più profondo e generale il senso del nostro essere – afferma il filosofo -  è quello della vita con la morte, perché la limitazione della nostra esistenza mediante la morte è decisiva per la comprensione e la valutazione della vita». In sintesi la morte può essere considerata una limitazione dell’esistenza, non già poiché equivalga al suo termine ma in quanto ne costituisce una condizione che accompagna tutti i momenti della vita.

D’altra parte lo spirito pittorico di Angel Leòn Ibarra è un andare avanti e un guardarsi indietro per confrontare, per rapportare. Così come ha dipinto la sua gente arrivato in Europa, per non dimenticare e così come ne ha rappresentato la differenza, segnando i tratti del nuovo vivere, della nuova moltitudine che ora popola la sua quotidianità, Lèon comunica la verità che sente: un salto dall’esterno all’interno, dal mondo reale all’onirico, all’esistenziale. Leòn usa dipingere spesso la sua gente mentre lavora perché il quotidiano si trascorre così: “Raccoglitrice di patate”, “Lavoro”, “Mercatino” rappresentano la vita di tutti i giorni trascorsa nella suo paese d’origine: lavorano la terra e sorridono alla vita, quasi come se esorcizzassero le preoccupazioni, le paure nobilitandosi con l’operatività. Completamente contrapposto è il suo delineare il passaggio verso l’occidente. «Credevo che le donne qui fossero più felici, invece ho sentito dentro di loro molta più sofferenza rispetto alle donne native della mia terra, - rivela l’artista -  perché gli uomini qui sono più egoisti.

Spesso dipingo le donne che danno le spalle al visitatore, mentre guardano una luce brillante che si addensa sulla sommità della tela, perche la sensibilità femminile offesa va rispettata».

In particolare, Leòn tramite il suo gesto pittorico, a volte espressionista altre volte surrealista, ci mostra attraverso simbologie tratte della cultura Inca, sia le luci e i colori del Perù che i solitari e intimi paesaggi d’animo d’oggi. Il sole chiaro e scintillante, a volte disegnato come una semplice luce che delinea una via di salvezza, altre volte circondato da un cerchio nero, metafora di fine, come in “Il passaggio del sole”, non è che la divinità prima che nella mitologia Inca regna sovrana. “Wiraqucha”, allo stesso tempo, è divinità creatrice anche della luna e degli astri. Così in “Chiaro di luna”, Leòn pone la luna come protagonista del cielo, a fianco di una scala, dando la possibilità a chiunque lo desideri di raggiungerla. Il Perù è stato la culla della civiltà Inca, uno dei maggiori popoli nativi americani e per questo ha lasciato un’indelebile segno sull’immaginario simbolico collettivo.

Il cammino degli esseri umani è sopra ogni dubbio universale, pur nelle differenze che contraddistinguono le varie popolazioni presenti sul globo terrestre. Prendendo in considerazione lo sviluppo di un popolo qualunque e, in particolare, il passaggio dalla preistoria alla storia, si nota come ciò che condusse alla rivoluzione definita neolitica fu proprio l’agricoltura e le sue conseguenze a livello tecnologico e sociale. Nel momento in cui si scoprì l’agricoltura, i popoli della terra iniziarono a lasciare testimonianze scritte, nacque il linguaggio, le tracce della propria esistenza; all’inizio questo accadde per controllare e immagazzinare la produzione: dalla mezzaluna fertile all’Egitto fino alle regioni europee e alla Cina. Ciò è avvenuto anche nelle regioni americane dove son sorte le civiltà mesoamericane e andine ma con una differenza di base che avvalora la tesi del cammino universale dell’uomo: il loro sviluppo avvenne in completa autonomia rispetto al resto dell’umanità. Infatti a tutte fu precluso qualsiasi contatto con il resto del consorzio umano. Mentre tutte le civiltà indoeuropee, per quanto lontane, erano tutte geograficamente collegate e quindi avevano la possibilità di scambiarsi conoscenze le une con le altre, le civiltà americane erano state tagliate fuori a causa della chiusura del passaggio attraverso lo stretto di Bering avvenuto al termine della glaciazione, circa 10.000 anni fa. 


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